lunedì 19 dicembre 2011

destinato a vincere

Da un po' di tempo mi capita una cosa molto strana.
Più di una volta e da più persone vengo chiamato con un nome diverso dal mio.
Sempre lo stesso.
Vincenzo.
All'inizio non ci facevo caso: poi le coincidenze si sono fatte inquietanti.
Mi sono chiesto allora se non ci sia Qualcuno che sta cercando di dirmi qualcosa.
Sono andato quindi a cercarne il significato.
Ho scoperto che all'origine del nome Vincenzo c'è il soprannome latino Vincentius, letteralmente "vincente", che divenne nome personale con valore augurale in ambienti cristiani con il significato di "destinato a vincere il male".
Mi è venuta subito in mente l'ossessione per la vittoria che avevo da ragazzo, descritta nel post "l'arte di saper perdere", e la cosa mi ha sorpreso tanto.
Sarà perchè è un periodo che aspetto risposte che non arrivano; sarà perchè in fondo al cuore sono convinto che il nuovo anno sarà pieno di novità per il mio futuro; sarà perchè tra qualche giorno è Natale e tutti gli uomini della terra riceveranno almeno un regalo; sarà che ultimamente sono stato ad una mostra di presepi e contemplando quel Bambino avvolto in fasce sempre più mi convinco che è Lui l'unico vincente della storia.
Spero tanto che quest'ultimo scorcio d'anno possa portare a ciascuno di voi il regalo più bello...
Buon Natale a tutti

lunedì 12 dicembre 2011

come un fuoco che divora

C'è nell'uomo uno spaventoso bisogno di felicità. E' necessario che esso abbia il suo alimento, altrimenti divorerà tutto come un fuoco.
Mi sono imbattuto ieri in questa riflessione di Paul Claudel che mi ha fatto ripensare al post nostalgia che avevo inserito un po' di tempo fa.
Anche se molte persone possono aiutarci a percorrere la strada che abbiamo imboccato, il viaggio della vita dobbiamo compierlo da soli: la solitudine è una compagna di viaggio inseparabile e, forse, imprescindibile.
Chi non ha mai sperimentato questo sentimento, o ha cercato in tutti i modi di fuggirlo riempiendo la sua esistenza di “cose da fare”, probabilmente non riuscirà mai a trovare il senso della propria vita, dal momento che, per inevitabile legge naturale, ogni uomo è solo.
E' proprio vero, allora, che tutta l'infelicità degli uomini deriva da una cosa sola: dal non sapersene stare da soli in una stanza (Pascal).
 

lunedì 5 dicembre 2011

dance little sister

L'altro giorno ho visto una ragazza che ballava alla fermata dell'autobus, mossa da chissà quale musica che le arrivava attraverso gli auricolari.
Era una danza lenta e armoniosa, che trasmetteva gioia di vivere e pace dell'anima.
Le persone che attendevano la corriera la guardavano incuriosite e sorprese, quasi perplesse sulla sua salute psichica.
Io l'ho invidiata molto.
Da un pò di tempo mi capita di provare un desiderio forte di spezzare il cerchio di normalità ipocrita nel quale sono confinato ed esplodere in piccole follie nelle situazioni più comuni, e restare ad osservare la gente che mi guarda attonita e imbarazzata davanti a questo lato del mio carattere di cui neanche sospettava l'esistenza.
Forse ho solo voglia di ballare un pò in mezzo alla gente fregandomene una buona volta dei rispetti umani, delle convenzioni e di quello che le persone si aspettano da me.

lunedì 28 novembre 2011

soluzione di ogni disperanza

Se vuoi sentimento io ho sentimento
e carne per la carne
e tempo per il tempo
Ho la mano leggera come l'ombra
che dà un'ultima pettinata alla vita
la vita che sfolgora e distrugge
non mi trova da nessuna parte
se non fra i giacinti romani
dove ho la mia tana segreta
e nessuna spada straniera sale
per la scala dei santi
Vivo di amore volontario
della mia vita che cola via
col cuore storto per oltraggio
da umanissimo amore
da normalissimo amore
Umanissimo amore
soluzione dei misteri dei dolenti
soluzione di ogni disperanza
per occasione d'amore perduta
se vuoi sentimento io ho sentimento
e carne per la carne
e tempo per il tempo.

martedì 22 novembre 2011

Where do you come from???

Nel pomeriggio di mercoledì 14 settembre mi stavo recando a Padova, come ogni mercoledì, con il treno delle 15,34, contrariamente a quanto faccio di solito, perchè quasi sempre uso l'auto per tornare a casa prima.
Alla stazione di Vicenza sono saliti due anziani coniugi e mi si sono seduti davanti; lui molto simpatico ha attaccato subito bottone, chiedendomi cosa stessi leggendo.
Me l'ha chiesto in inglese perchè i due signori erano di Manchester, ed io ho cercato di rispondergli correttamente con quel poco di inglese che ricordo.
La cosa ha funzionato e si è creata una simpatia reciproca.
Ho scoperto che lui tifava per il Manchester City, squadra che per un incredibile "fatalità" giocava con il Napoli quella sera stessa; gli ho detto che ero napoletano e che dubitavo che il Manchester potesse vincere quella sera, profetizzandogli un pareggio: "finirà uno a uno", one to one, gli ho detto, anche perchè dire in inglese 2 a 2 è molto più complicato (provateci e sappiatemi dire)!!!
Lui ha sorriso e ha insistito nel convincermi che il Manchester avrebbe vinto 3 a 0.
Ebbene, dopo la partita credo che si sarà ricordato di me il simpatico omino, visto che la partita è finita esattamente come avevo previsto.
Spero che si ricordi di me anche stasera, quando le due squadre giocheranno a Napoli la partita di ritorno: match importantissimo per tanti motivi, ma soprattutto perchè chi perde sarà fuori dalla competizione internazionale.
Io questa volta non mi azzardo a fare pronostici...

giovedì 17 novembre 2011

costruire

Il rapporto con il tempo condiziona la nostra esistenza: le persone più felici non sono affatto quelle che hanno molto tempo libero a disposizione, bensì quelle che hanno imparato a valorizzare ogni minuto.
Valorizzare il tempo, tuttavia, non vuol dire necessariamente lavorare continuamente, ma saper anche riposarsi di più coltivando i propri interessi culturali, sociali, sportivi ed artistici.
Ci si perde per noia, non per cattiva volontà.
Siamo veramente liberi quando riempiamo di qualità il tempo che abbiamo a disposizione ed uno dei modi migliori per valorizzare il tempo è leggere buoni libri.
Per quanto mi riguarda sono particolarmente legato a un libro: i “Miserabili” di Hugo.
C’è qualcosa di Jean Valjean, il protagonista dei Miserabili, che mi appartiene profondamente.
Anch’egli è un uomo miserabile che, grazie alla carità che qualcuno nonostante tutto sorprendentemente gli rivolge, trova la forza di rialzarsi dalla propria miseria; tuttavia, il mondo che lo circonda non comprende il suo cambiamento e continua a trattarlo da miserabile.
Quante volte anch'io ho cercato di cambiare un modo di fare o un atteggiamento per non ferire più le persone che amavo, e queste non sempre hanno compreso, continuando a difendersi da me: e più mi avvicinavo loro, quasi a voler dimostrare con i fatti che non ero più capace di fare del male, più si ritraevano ricordando le ferite che gli avevo inferto.

giovedì 10 novembre 2011

la veste dell'arcobaleno

Ogni Vita converge verso un Centro
dichiarato o taciuto
Esiste in ogni cuore umano
una meta

Confessata a malapena a se stessi - forse -
Troppo bella
per aver l'audacia di credervi

Adorata con cautela - come un fragile cielo -
Raggiungerla sembrerebbe impossibile
come sfiorare la Veste dell'Arcobaleno

Più sicura quanto più lontana
per chi non si arrende
quanto alto alla lenta pazienza dei Santi
è il Cielo

Inarrivabile - forse - nell'umile avventura della Vita
Ma poi
L'Eternità consente di tentare
Ancora.

(Emily Dickinson)

Non c'è modo migliore per spiegare il mondo che raccontare se stessi;
se mi chiedessero di raccontare Emily userei questa canzone e questo video:

lunedì 31 ottobre 2011

"serve una scossa"

Così titolava il Corriere del Veneto di sabato mattina la pagina dello sport, alludendo alla squadra di calcio del Verona attesa ad un pronto riscatto dopo le ultime sconfitte.
E scossa è stata, ma di terremoto.
Chi ha pensato a quel titolo venerdì sera neanche immaginava che di lì a poco, alle 6 e 13 della mattina di sabato, la terra avrebbe tremato e anche piuttosto forte.
Questa volta l'hanno sentita anche gli altri, perchè in genere soltanto io avverto scosse nel cuore della notte o all'alba, e così mi prendono in giro perchè sono un terremotato, cioè scampato al terremoto del 1980.
In effetti da quella sera del 23 novembre 1980 ho acquisito una particolare sensibilità per i fenomeni sismici.
Erano le 19,34 di una domenica come tutte le altre ed io avevo solo quattordici anni. Mi trovavo al piano terra di una casa dove, insieme ad alcuni amici, ci riunivamo la sera per chiacchierare ed ascoltare musica e all’improvviso sentimmo come se qualcuno stesse buttando giù la porta; alcuni attimi di indecisione e capimmo che la terra tremava. Uscimmo subito fuori, lungo la strada, in quel momento attraversata da una fila interminabile di automobili, e rimanemmo come impietriti nel vedere il palazzo di dieci piani di fronte a noi ondeggiare in modo sinistro e perdere vistosamente calcinacci ed intonaco. Non ebbi neanche il tempo di scappare che mi si avvicinò una signora appena scesa dal palazzo, la quale, completamente in preda al panico, mi mise in braccio una bambina di pochi mesi che piangeva, precipitandosi di nuovo dentro il palazzo per recuperare, forse, altri bambini.
Se ci ripenso sento ancora i brividi: ero un ragazzo di quattordici anni che si trovava per la prima volta in vita sua nel bel mezzo di un terremoto decisamente violento; vedevo intorno a me il traffico impazzito, macchine che si tamponavano, gente che scappava in ogni direzione ed un palazzo di dieci piani che ondeggiava a pochi metri; ebbene, in mezzo a quest’apocalisse mi trovavo una bambina di pochi mesi in braccio, mai vista prima, ed ero per questo costretto a rimanere immobile, non potendo fare un passo né in una direzione, né in un’altra, almeno fino al momento in cui sarebbe ritornata la madre della creatura.
Non so dire quanto tempo passò, forse soltanto pochi minuti, ma furono i minuti più lunghi della mia vita. Il pensiero che più mi tormentò in quei frangenti era la consapevolezza che i miei genitori, in particolare mia madre, sarebbero stati nell’angoscia fino a quando non mi avessero visto ritornare a casa. E così fu; tornata la madre a riprendersi la bambina, corsi subito a casa e trovai i miei, insieme ad altra gente, davanti all’abitazione, con mia madre in lacrime che venne ad abbracciarmi, chiedendomi per quale motivo avessi tardato tanto.
Ho ripensato spesso a quella scena nel corso degli anni: io che assisto attonito alla fine del mondo ed una bambina piccolissima che mi guarda con occhi angosciati: ero da solo davanti al destino che mi chiedeva di andare controcorrente, e nessuno avrebbe potuto prendere decisioni al mio posto.
Alle volte mi domando: perché proprio io? Fu un caso o quella bambina capitò nelle mie braccia per un disegno misterioso del destino? E cosa sarebbe successo se mi fossi lasciato prendere anch’io dal panico, dopotutto avevo solo quattordici anni, e fossi scappato lasciando la piccola abbandonata per strada?
Col tempo ho capito che quell’esperienza rappresentava per me quasi una premonizione, poiché mi anticipava il destino futuro, facendo presagire il corso della mia vita, per tutte le volte che sarei stato chiamato ad andare decisamente controcorrente.

venerdì 28 ottobre 2011

aria pura

stamattina alle 9.09 mi è arrivato un sms che diceva: "ciao Luigi, io e Giò oggi discutiamo la tesi di laurea alle 9 e 30; saremmo felici che tu ci fossi"!
Io ero già in viaggio per raggiungere la facoltà di medicina perchè non potevo mancare alla laurea di Carlo e Giovanni.
Conoscere questi due ragazzi è stato per me respirare una boccata di aria pura, perchè appartengono a quella categoria di persone che sembrano non essere stati nemmeno sfiorati dal peccato originale.
Peraltro l'amicizia tra di loro è davvero inossidabile e mi ha colpito come, nella pagina dei ringraziamenti della tesi, si esprimessero gratitudine reciproca per l'aiuto ed il conforto che si sono scambiati durante il ciclo di studi.
Hanno discusso la tesi uno dopo l'altro e sono stati premiati entrambi con il massimo dei voti e la lode, tra gli applausi dei molti amici e parenti intervenuti.
Ho pensato allora che non esiste niente di più bello al mondo dell'amicizia, perchè quando è vera e disinteressata esprime una delle forme più pure dell'amore: desiderare ciascuno il bene dell'altro.

sabato 22 ottobre 2011

il chicco di grano

"Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane sterile; se invece muore produce molto frutto".
Ricordo le prime volte in cui cadevo per terra, Signore: era quasi una gioia per me morire.
"Il tuo destino è portare molto frutto morendo continuamente", mi dicevi sottovoce.
Ed io mi tuffavo incontro alla morte, felice di fruttificare e, rinascendo, contemplare i campi di frumento con tutte quelle spighe dorate...
Quanti frutti e quanti fiori ho potuto generare, Padre, grazie al Tuo amore.
Con il passare del tempo, tuttavia, è stato sempre più difficile morire, fino a diventare ogni volta un supplizio.
Quante volte, Signore, mi hai salvato schiacciandomi con il Tuo piede sulla terra umida, perché io non fossi spazzato via dalla tempesta all'orizzonte.
E ricordi quella volta in cui ero appena caduto per terra quando una colombella si è avvicinata pericolosamente e stava per poggiare le sue labbra su di me; per fortuna si è resa conto che ero già morto ed è volata via senza voltarsi indietro.
Negli ultimi tempi mi riesce molto penoso morire, Padre: credo di essermi ammalato.
Deve essere stato l'effetto delle continue morti e rinascite che alla lunga produce un certo logorio che sembra impedirti di portare ancora frutto.
Adesso mi capita di rimanere per terra e guardare la gente che passa sopra di me, e sperare che qualcuno mi raccolga perché, perdonami Padre, non riesco più a morire.
Sono malato Signore e per questo Ti chiedo una volta per tutte, affinché io non debba più rinascere: guariscimi o uccidimi.

martedì 18 ottobre 2011

living in Africa

una canzone che mi ha sempre emozionato per promuovere l'iniziativa di Mirta che trovate qua: lucenelcuore.blogspot.com/2011/10/tam-tam-sms-per-il-corno-dafrica

sabato 8 ottobre 2011

come una figlia

Forse non ricordi quando ti ho cantato per la prima volta una ninna nanna.
Avevi quasi sei anni ed in una delle rare occasioni in cui ci vedevamo mi chiedesti di cantarti una canzone.
Ricordo come fosse adesso che ti abbandonasti nelle mie braccia e mi guardavi attentamente mentre cercavo di cantare qualcosa di decente.
Mi sorprese molto il fatto che non sorridevi ma mi osservavi con occhi molto seri, come se vedessi in me qualcosa che io stesso ignoravo e che ti affascinava.
Era come se tu stessi contemplando l’eterno bambino che si nascondeva dentro di me e che cercava di parlare per la prima volta, perché solo tu potevi vederlo.
Ad un certo punto entrò nella stanza tua nonna e rimase di stucco davanti alla scena del figlio che cantava e della nipotina che gli scrutava l’anima.
Il destino ci sorprende sempre.
Giriamo il mondo intero per cercare noi stessi e finiamo per ritrovarci negli occhi di un bambino.
Tu mi hai aiutato molto in questa ricerca.
C’è qualcosa che solo i legami di sangue possono scorgere e tu sei riuscita a vederla.
Ringrazia l'Eterno per la famiglia che ti è stata data;
in essa troverai sempre libertà e amore incondizionato.
Sarai amata per quello che sei: figlia, indipendentemente da quello che riuscirai a compiere nella vita.
E ad essa ritornerai ogni volta che nel bel mezzo della strada ti sentirai giudicata soltanto per la prestazione che sarai capace di compiere, e fino a quando riuscirai a compierla, perché poi sarai tagliata fuori dal cosiddetto mondo efficiente.
Nulla potrà scoraggiarti allora se saprai ogni volta ritornare a casa.

mercoledì 5 ottobre 2011

una casa nel buio

Poi una mattina apri gli occhi, e d’improvviso la giornata davanti ti fa paura.
Ciò che è quotidiano e semplice di colpo è uno sforzo insormontabile.
Semplicemente, non puoi.
Chiudi le imposte, la luce è una minaccia.
Vorresti solo poter restare al buio; e dormire, dormire, per non dover pensare.
Tutto è così estraneo, e così vuoto: non c’è più alcuna affezione a ciò che fai ogni giorno.
Come se qualcuno, dal di dentro, avesse fatto scattare un interruttore, precipitando una casa nel buio.
Un sottile panico. Come farai? Devi trovare una faccia da metterti, devi vestirti, e sembrare normale.
Occorre una maschera: ma nello specchio sei così inadeguata, gli occhi così smarriti.
Una benedizione sarebbe aver fretta, dover prendere un treno, non avere tempo.
E ogni minuto d’ozio invece moltiplica come in un gioco di specchi la paura.
Esci, facendoti forza.
Incredibile come anche il bar di tutti i giorni ti sembri lontano.
Ti senti peggio, fuori; c’è un sole che ti acceca e da cui vorresti nasconderti, come certi animali notturni che non tollerano la luce.
Ti senti, per la strada, una intrusa che improvvisamente non condivide più quel comune affrettarsi, salutarsi, andare.
Cammini rasentando i muri della case – come un clandestino. Rientri affannata, quasi inseguita.
Il telefono suona e lo guardi come un nemico.
Non sai cosa dire, non c’è niente che tu possa dire.
Ed è tutta la vita che ogni tanto, un mattino, è così. Qualcuno stacca la luce.
Si sa com’è una casa, quando salta la luce: buia, inerte, e inutile premere qualsiasi interruttore. L’impotenza assoluta.
E non c’è alcun esame medico che possa dire: qualcosa non funziona. Tutti i valori, al contrario, perfetti.
Quel vuoto che ti si spalanca sotto ai piedi non risulta, alle analisi.
D’altronde è del tutto vano cercare di spiegare, a chi non ha provato.
Sono gentili, ma non capiscono. Pregare, anche, è estremamente difficile: giacché c’è solo il buio e il vuoto, è molto difficile convincerti che non stai parlando soltanto con te.
Le cose, la realtà, le facce, che in certe altre felici mattine intuisci essere segno, orma di altro, in queste giornate di muto spavento assumono una consistenza monolitica.
Sono solo cose, materia opaca che ti si para davanti, senza un’origine e un fine. Senza un destino: un essere fatti da e un andare verso. Roba, agglomerati di molecole inerti. (Dormire, dormire, poter non pensare).
Ti danno innumerevoli pillole, ma nessuno sa dirti esattamente che cos’è, che si spezza e ti trasforma in uno smarrito straniero.
Cos’è, per cui la casa d’improvviso, e da quando avevi vent’anni, piomba nell’oscurità; tanto che non puoi chiamare, nemmeno – giacché sei certa, che non c’è nessuno.
Poi, passerà. Un mattino ti sveglierai, e tutte le cose saranno al loro posto.
Sarà bello allora alzarti e andare al parco; di nuovo nei tronchi, nelle facce e perfino nei vecchi tram polverosi intuendo come in trasparenza una storia che viene da e va verso – leggendo di nuovo, in tutto, un destino.

Marina Corradi Tempi 7 settembre 2010

venerdì 23 settembre 2011

l'amore si nutre di libertà

Non possiamo costringere nessuno ad amarci.
L’amore si nutre di libertà.
E, tuttavia, libertà non significa poter fare sempre tutto quello che si vuole:
la libertà deve avere un necessario legame con la verità.
“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” Gv, 8,32.
Sono pienamente libero non quando faccio quello che voglio, ma quando scelgo la verità e il bene.
Quando una mamma dice al figlio di non mettere la mano sul fuoco altrimenti si scotterà, il bambino non è più libero se sceglie di scottarsi pur di fare quello che vuole.
Alla verità, dunque, si arriva prima col cuore che con l’intelligenza:
spesso dobbiamo fidarci delle persone che ci amano e scegliere di fare quello che ci consigliano, anche se non ne comprendiamo subito il senso.
Nella verità però si permane più con l’intelligenza che con il cuore, perché l’amore non si esaurisce nel sentimento ma abbraccia tutte le facoltà di una persona.
Viene sempre ad un certo punto della vita un momento in cui il cuore non basta più ed allora bisogna attingere a tutte le facoltà per rimanere fedeli all’impegno di amore che liberamente abbiamo preso; quello sarà il momento giusto per cercare di capire con la luce dell’intelligenza, che è stata infusa nella nostra anima, che il mistero dell’amore bussa alla porta della volontà e ci chiede di gettare nuove fondamenta capaci di rendere più profondo e stabile ciò che prima era solo entusiasmo dei sentimenti.
Siamo anime assetate d’amore ed il nostro cuore spesso è come un’arpa muta che attende soltanto la mano discreta capace di far vibrare di suoni armoniosi le sue corde più intime.
E tuttavia mutevole è il cuore dell’uomo più di ogni altra cosa, bisogna imparare a governarlo e sapientemente orientarlo verso il bene.

martedì 20 settembre 2011

giuristi e criminali

“Certo voi avvocati dovete avere un bel coraggio a difendere certi criminali”; è l'affermazione che più spesso mi sono sentito rivolgere in questi anni.
Quasi sempre rispondo che ho conosciuto più criminali tra giudici e avvocati che non tra i clienti che ho difeso.
Le ferite più dolorose me le hanno inferte colleghi che consideravo amici e giudici senza coscienza che hanno applicato la legge ignorando le più elementari norme di buon senso.
La giustizia non si può amministrare soltanto con l’applicazione scrupolosa dei cavilli: richiede un equilibrio che è diventato merce sempre più rara nelle aule dei tribunali.
Sono riuscito sempre a comprendere le motivazioni, spesso futili e abiette, di chi commette un crimine; non riuscirò mai a capire il cinismo di certi giudici che decidono della vita di una persona con una indifferenza agghiacciante.
Mi sono convinto, allora, che le scelte “morali” che facciamo nel corso degli anni “influenzano” la nostra vita tutta intera, compresa la realizzazione professionale: non credete a chi cerca di convincervi che soltanto le persone senza scrupoli fanno strada, perché non è vero.
La vita di una persona bisogna valutarla nella sua interezza e se ci sembra talvolta che solo chi è senza scrupoli riesce ad ottenere quel successo a cui tanto anela è perché abbiamo presente soltanto un segmento della sua vita; se potessimo fare un bilancio complessivo della sua esistenza, non invidieremmo affatto quell’effimero splendore.
Come diceva il grande De Marsico: "Si può fare l’avvocato tenendo separato l’abito professionale dal costume morale; non si può essere avvocato che identificandoli.
L’una cosa è bravura, appartiene all’abilità ed è il frutto dell’intelletto e dello studio; l’altra è virtù di vita ed appartiene allo spirito".

giovedì 15 settembre 2011

stabat Mater

Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.

Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti !

lunedì 12 settembre 2011

venerdì 9 settembre 2011

l'arte di saper perdere

Il mio corpo non ne ha mai voluto sapere di assecondare in tutto e per tutto la mente che cercava di governarlo.
Quello che spesso era immediatamente chiaro nella testa richiedeva molti esercizi per essere eseguito dal corpo.
Nelle mie prestazioni sportive non riuscivo mai ad accettare la sconfitta.
Mi interessava solo vincere e, tranne il rispetto delle regole, tutto il resto non contava.
Chi dice che nello sport l'importante è partecipare con ogni probabilità non ha mai giocato una partita in vita sua.
Chiunque abbia fatto parte di una squadra sa quanto è importante vincere, specie per un ragazzo giovane.
Fa parte di un desiderio innato che và al di la della singola prestazione, poichè riguarda la vita intera: è un atteggiamento nei confronti del mondo, dal momento che una palla dentro o fuori può cambiare il tuo rapporto con l'universo.
Man mano che cresci, però, ti rendi conto che la cosa più importante che lo sport ti ha insegnato è imparare a perdere, perchè non c'è niente di più importante nella vita che saper accettare una sconfitta con dignità.
Capisci che una partita si perde o si vince non solo grazie al tuo impegno ed alla tua abilità, ma anche a causa di alcuni fattori che fanno parte del regno dell'imponderabile.
Comprendi che è solo un gioco nel quale tu non puoi controllare tutto e ti metti l'animo in pace cominciando a giocare davvero solo per divertirti.
Scopri, allora, tutta la gioia che produce lo sport quando non è assillato dall'ansia di voler vincere a tutti i costi.

mercoledì 7 settembre 2011

una giornata di ordinaria follia

a chi di voi non è mai capitato di desiderare fortemente di imitare il protagonista di questo film???
A me capita spesso e confesso che la cosa comincia a preoccuparmi!!!
L'ultima volta è stata ieri pomeriggio, di fronte all'ennesima chiusura di una strada per lavori in corso; ma devo ammettere che mi capita anche in certe aule di Tribunali, in alcuni uffici pubblici e in qualche banca di mia conoscenza...

venerdì 2 settembre 2011

quello sguardo...

Un giorno, mentre viaggiavo in autobus, mi colpì una scena che non ho più dimenticato: un ragazzino di circa dodici o tredici anni al momento di salire mi urtò leggermente in maniera del tutto involontaria e con indicibile dolcezza e garbo mi chiese scusa; mi accorsi, allora, che aveva un leggero handicap fisico che gli impediva di effettuare con naturalezza i movimenti più semplici.
Al momento della discesa, il ragazzino, accompagnato da una signora che lo teneva per mano, impiegò, com’era comprensibile, un po’ di tempo per scendere i gradini del veicolo; sennonché, un signore piuttosto scorbutico che, evidentemente, aveva molta fretta di salire e non si era reso conto dell'handicap del ragazzo, cominciò ad inveire contro il povero malcapitato, apostrofandolo con parole irripetibili.
Mi impressionò allora lo sguardo del poveretto, colmo di stupore e d'innocenza; era lo stesso sguardo di Cristo di fronte agli sputi della gente che pure aveva amato senza misura: era l’immagine dell’innocenza calpestata di chi non comprende l’odio perché conosce soltanto l’amore.
Avrei voluto inginocchiarmi davanti a quello sguardo...

lunedì 29 agosto 2011

ogni tanto...

devo riascoltarla!
La prima volta fu una folgorazione: io, così prevenuto verso la musica sinfonica, rimasi senza fiato!
Solo una persona che ha esplorato ed attraversato le profondità dell'animo umano può scrivere musica così...

mercoledì 24 agosto 2011

il manoscritto di Irene

E’ il 13 luglio 1942, una mattina di sole. Alle 10, si sente il rumore di una macchina che si ferma vicino alla casa dei coniugi Epstein. Passi veloci, colpi alla porta: si presentano due gendarmi francesi, con un foglio in mano. Sono venuti a cercare Irène: non c’è tempo per i saluti, la figlia maggiore Denise ricorda solo le poche parole rassicuranti della madre, che non vedrà più, ed il pallore sconvolto del padre. Niente lacrime. La portiera della macchina che si chiude, il motore che si avvia, il silenzio.

Michel Epstein sarà arrestato pochi mesi dopo, il 9 ottobre 1942: identico scenario, identici gendarmi. Questa volta, anche le figlie Denise ed Élisabeth sono costrette a seguire il padre alla prefettura di Autun. Là avviene un duplice colpo di scena, decisivo per la sopravvivenza delle bambine: mentre Michel Epstein viene interrogato, un ufficiale tedesco si avvicina alle piccole rimaste sole, cava dal portafoglio la foto di sua figlia e sussurra: “Avete quarantotto ore per sparire”; poi, il padre in procinto di esser condotto via raccomanda alle bambine di conservare gelosamente una valigia in cui si trova un manoscritto. Nei fogli amorosamente conservati dalle figlie per circa 60 anni la voce di Irène Némirovsky riprenderà a distanza di anni a parlare.

La storia della pubblicazione di Suite francese ha del miracoloso e merita di essere raccontata: il manoscritto contenuto nella valigetta seguì le bambine Elisabeth e Dénise -- anch'esse ricercate dai nazisti -- negli anni di fuga e in tutti i nascondigli che riuscirono a salvare loro la vita. Soltanto molti, molti anni dopo le ragazze trovarono il coraggio di leggere quelle pagine scritte dalla madre con una grafia minuscola per risparmiare l'inchiostro e sulla pessima carta del tempo di guerra. Quella lettura era per loro troppo dolorosa.

Alla fine però le due sorelle decisero di pubblicare l'ultima opera della madre.

Quando nel 2004 Suite française venne pubblicato in Francia divenne subito un caso letterario clamoroso, seguito da un successo sempre crescente in tutta Europa.

Anch'io in questi giorni opprimenti di afa e zanzare lo sto leggendo.
E vale la pena leggere questo libro.

Irene scrive in modo sublime; addirittura sin troppo bene per come siamo abituati oggi e questo forse è l'unico difetto del libro: si vede che l'autrice è pienamente consapevole del suo talento e fa di tutto per dimostrarlo, descrivendo talvolta con minuzia di particolari, a tratti davvero eccessiva, la realtà quotidiana in cui si trova immersa la Francia durante l'invasione tedesca.

La sua visione della vita può forse apparire un po' cinica e malinconica, ma questo deriva dal fatto che Irene presagiva già con viva chiarezza lo scenario che si stava delineando sull'Europa e che avrebbe impresso alla vita di milioni di persone, lei compresa, una direzione del tutto insperata.

sabato 13 agosto 2011

di luce, di specchi e di pietre preziose

devo chiedere scusa a tutti se ho ingenerato timori infondati sul mio stato di salute: mi rendo conto che il titolo dell'ultimo post non è stato dei più felici, prestava il fianco effettivamente ad interpretazioni non troppo rassicuranti.
Vi chiedo scusa nell'unico modo che per il momento mi riesce: e cioè in modo serioso ed insopportabilmente (anche per me) melodrammatico.
In realtà la luce di cui parlavo non potrà mai spegnersi poichè, per sua intima natura, è infinita ed eterna.
Per fortuna questa luce di cui abbiamo tanto bisogno non mi appartiene, perchè non viene da me.
Io sono soltanto un povero e misero strumento di cui talvolta la luce si serve per indirizzare i suoi raggi alla scoperta di qualche pietra preziosa.
Io sono soltanto uno specchio che orienta la luce in maniera tale che illumini più che è possibile.
Ma uno specchio deve essere limpido e pulito per trasmettere fedelmente la luce che gratuitamente riceve.
Succede invece talvolta che lo specchio si appanni, offuscato dalla polvere della strada, dalle particelle che il vento sparge sulla sua superficie, dalle impronte delle persone poco accorte nel maneggiarlo o dalla smania di essere qualcosa di più di un semplice nulla.
Così lo strumento comincia a trasmettere una luce che diventa sempre più opaca e meno capace di illuminare il mondo circostante.
C'è bisogno allora di una pulizia profonda e accurata che cancelli con pazienza ogni traccia di impurità: perchè non è facile pulire uno specchio.
Quando passano gli anni, poi, lo specchio comincia a deteriorarsi fino a diventare inutile, ed allora tutta la supeficie riflettente si deteriora e l'oggetto che un tempo rischiarava gli spazi bui viene buttato in uno sgabuzzino dove non illuminerà più nessuno.
Ma la luce non smetterà per questo di illuminare: troverà facilmente un'altra superficie riflettente, una finestra, uno specchio più resistente attraverso cui rischiarare il mondo: perchè nessuno strumento è indispensabile.

Da quando ho aperto questo blog ho avuto la fortuna di trovare molte pietre preziose, ciascuna con i propri riflessi splendenti e ogni volta illuminanti; sono pietre preziose molto diverse tra loro: alcune brillavano già di luce propria e non hanno avuto difficoltà ad accogliere i nuovi raggi che, unendosi ai propri, hanno sfavillato come mai prima; altre sembra che abbiano paura di essere illuminate e possono sopportare la luce soltanto a piccole dosi, misurate e discrete; altre non sanno ancora di essere preziose ed i raggi svelano poco a poco tutta la loro bellezza; altre ancora fuggono la luce perchè la vedono come una presenza ostile o ingombrante e si rifugiano in spazi riparati ed ombreggiati, dove i raggi non possono arrivare direttamente, ma solo di riflesso; ci sono poi quelle pietre preziose ricoperte da uno strato di terra che ne nasconde l'intima natura e, pertanto, hanno bisogno di un bel bagno nel mare dell'amore per ritornare a splendere come una volta.
A tutte le pietre preziose che ho avuto la grazia di incontrare in questo posto voglio dire che stanno illuminando di riflessi meravigliosi e sorprendenti la mia vita.

Grazie di esistere...

domenica 3 luglio 2011

giovedì 23 giugno 2011

sposati e sii sottomessa

“Sposati e sii sottomessa" è il titolo di un libro che sto leggendo in questi giorni.
Il sottotitolo è "Pratica estrema per donne senza paura”.
E' un libro controcorrente, divertente, originale, intelligente e profondo.
L'autrice si chiama Costanza Miriano e fa la giornalista a rai 3.
Il tema di fondo del libro è che nell'ambito di un rapporto di coppia la donna è la più forte e perciò deve stare sotto a fare da fondamento per la continua costruzione di quell'amore che rende un matrimonio felice e duraturo.
Ma lascio a lei la parola che è meglio:

"Sposare un uomo, che appartiene irrimediabilmente a un’altra razza, e vivere con lui, è un’impresa.
Ma è un’avventura meravigliosa. È la sfida dell’impegno, di giocarsi tutto, di accogliere e accompagnare nuove vite.
Una sfida che si può affrontare solo se ognuno fa la sua parte.
L’uomo deve incarnare la guida, la regola, l’autorevolezza.
La donna deve uscire dalla logica dell’emancipazione e riabbracciare con gioia il ruolo dell’accoglienza e del servizio.
Sta alle donne, è scritto dentro di loro, accogliere la vita, e continuare a farlo ogni giorno. Anche quando la visione della camera dei figli dopo un pomeriggio di gioco fa venire voglia di prendere a testate la loro scrivania".

In questa raccolta di lettere originali ed esilaranti Costanza Miriano scrive di amore, matrimonio e famiglia in uno stile inedito: se fosse per lei produrrebbe delle encicliche, ma siccome non è il Papa mescola i padri della Chiesa e lo smalto Chanel, la teologia e Il grande Lebowski, sostenendo con ferrea convinzione la dottrina cristiana del matrimonio senza perdere d’occhio l’ultima borsa di Dior. D’altra parte, come scriveva Chesterton, «non c’è niente di più eccitante dell’ortodossia». (dal blog dell'autrice: costanzamiriano.wordpress.com)

Ve lo consiglio vivamente

sabato 18 giugno 2011

l'artista e il ciarlatano (parte 2°)

Ricevo e volentieri pubblico:

"Salve a tutti,
innanzitutto vorrei ringraziare pubblicamente Luigi per lo spazio che mi ha dedicato e per avermi presentato in una maniera così generosa.
Sono davvero felice di aver vissuto e condiviso, durante quest'ultima mostra a Venezia, una forte esperienza umana e spirituale.
In queste occasioni, incontrare persone che si emozionano e condividono con me i loro pensieri positivi è senza dubbio per me una grande gratificazione come uomo e come artista.
Vorrei sottolineare che nel mio sito non è stato ancora pubblicato questo progetto con le relative opere, quindi mi scuso se ho portato qualcuno di voi fuori strada. Quello è solo un aspetto "commerciale" della mia carriera artistica che mi aiuta a sopravvivere. Comunque sono tutti lavori originali e non stampe su tela che molti “artisti”, anche famosi, propinano come opere ad olio a persone ignare di queste pratiche truffaldine.
Invece, quello che ho presentato nei giorni scorsi, è stato un percorso del tutto nuovo programmato già da parecchio tempo e stavo aspettando il momento giusto per renderlo pubblico.
Ho dipinto questa serie di tele sacrificando, in una prima fase, quella che molti definirebbero la "bella pittura”. In questa maniera ho voluto appositamente lanciare un messaggio chiaro e vedere soprattutto la reazione del pubblico.
Ho vivamente sperato che tutte le persone potessero entrare nello spirito dell'opera e non rimanessero legate solo alla sua forma esteriore.
Ovviamente nella massa c'è chi ha anche visitato di sfuggita ed ha capito ben poco di tutto questo processo.
In questi dipinti, come la serie delle vittime di guerra che ho definito "viventi" e in continua evoluzione, durante la loro realizzazione mi è piaciuto immaginarmi di essere un chirurgo di guerra che si è preso e si sta prendendo cura di loro e che piano piano li aiuterà a ottenere una forma, per restituirgli soprattutto dignità. Ma credetemi, nei giorni scorsi non è stato facile lasciare appositamente ad esempio una mano appena abbozzata, cosciente di correre il rischio di essere definito un pessimo pittore dalle scarse qualità tecniche. Ma l'ho fatto senza remore e dunque solo chi ha voluto guardare oltre ha potuto cogliere il mio invito e si è potuto immergere pienamente in questo "flusso".
Chi ha seguito i video allegati alle opere ed ha visto in che condizioni sono stati ripresi i soggetti reali, ha potuto immaginare che, intanto, è preferibile vedere quella mano rozza, squadrata e ancora informe anziché una amputata che non c'è più. Purtroppo qualcuno ha storto il naso e, nonostante i suggerimenti, non è riuscito ad entrare nell'ottica del mio messaggio, disprezzando e criticando la tecnica.
Una cretina, che si è data tante arie da grande pittrice, ha voluto per forza pronunciare queste parole: “ Ma sono piatte queste forme!”. Io non mi son lasciato condizionare da nessuno, fregandomene in questo caso delle apparenze e dai giudizi superficiali. Ma voi ad un bambino appena uscito dall'ospedale, a cui gli è stata riattaccata una mano, gli direste mai che non è bella o che non è stata fatta bene?
Ho desiderato fortemente che le persone immaginassero che quella mano fasciata fosse come un baco da seta che pian piano sta sbocciando a nuova vita e che presto diventerà una bellissima farfalla.

Io mi auguro davvero che l'arte possa continuare a far riflettere e soprattutto ad emozionare, lanciando messaggi che portino una ventata di positività, soprattutto in un periodo attuale dove si parla solo di morte dalla mattina alla sera.
Questo è sempre stato il mio sogno e dunque non condividerò mai chi, per scopi commerciali o speculando sul dolore degli altri o peggio ancora utilizzando creature viventi per sfornare delle opere, è considerato un vero artista. Invito tutti a contrastare, contestare e a boicottare questa "moda" che è una vera e propria usurpazione della vita, perchè se continueremo a lasciarli agire, concedendogli la libertà di fare ciò che si vuole, arriveremo ad un punto di non ritorno.
L'Arte non è morte! L'Arte è vita!
Questo è uno dei profili che ho già pubblicato e troverete anche il video che periodicamente verrà aggiornato. Mi farà un immenso piacere condividere questo progetto anche con voi.

https://www.facebook.com/pages/ALIVE-20032011LP/202162216495403
Grazie di cuore
Pasquale Mazzullo"

giovedì 16 giugno 2011

l'artista e il ciarlatano

"L'opera d'arte ha il potere unico di riscrivere la nostra storia e rivestirla di dignità o, al contrario, deriderla e insultarla".
Sono parole di un giovane pittore messinese, Pasquale Mazzullo, che ho avuto il piacere di conoscere ieri.
Ha allestito una mostra a Venezia che si chiama "the flow of time", che si può ancora visitare in Campo San Geremia (accanto alla Chiesa di Santa Lucia).
I quadri esposti riproducono persone, per lo più bambini, segnate da una ferita materiale o spirituale che l'artista progressivamente va guarendo man mano che il tempo scorre.
Si tratta cioè di opere d'arte in continua evoluzione, che cercano di trasmettere un messaggio di speranza nel futuro, positivo e vitale.
Alla base di ciascun opera, infatti, si può vedere l'immagine originale del soggetto, spesso foto di bambini mutilati dalla guerra o dalle violenze subite; mentre la rappresentazione artistica ne descrive la guarigione, talvolta lenta e difficile, ma sempre espressione di un superamento del dolore.
"In questo modo le opere d'arte possono simbolizzare una presenza vivente, visibile e palpabile, che lasci presagire future metamorfosi, quasi che il cambiamento sia l'unica costante dello scorrere del tempo".
Sono rimasto impressionato dalla capacità di questo artista di rendere visibile l'interiorità dei soggetti rappresentati e di descriverne la rinascita spirituale.
Ci siamo trovati subito in piena sintonia sull'idea dell'arte come strumento per alleviare un pò il dolore del mondo, senza tuttavia nasconderlo ne edulcorarlo.
Allo stesso tempo ci ha suscitato molta tristezza constatare come, invece, l'arte contemporanea spesso sia caratterizzata soltanto da soggetti che, pur di richiamare a tutti i costi l'attenzione su di loro, fanno a gara per rappresentare gli aspetti più macabri e orridi della realtà contemporanea: biennale di Venezia docet...

venerdì 10 giugno 2011

il divo

Ieri sono stato a Padova per lavoro e sono passato dalla basilica del Santo.
Sono rimasto ancora una volta impressionato dalla marea di gente che fa visita al "divo" Antonio sempre, ma in particolare nella settimana che precede la festa del 13 giugno
Mi sono ricordato, allora, dell'ostensione del corpo del santo del febbraio scorso.
Si parlava di un'affluenza di fedeli da tutto il mondo per venerare le sue spoglie e da qualche servizio televisivo avevo scoperto che queste spoglie consistono nel teschio ed un mucchio d'ossa.
Quello che mi si è presentato davanti alle 16 e 30 del 17 febbraio, però, è stato uno spettacolo che andava al di là di ogni immaginazione.
Una folla compatta componeva una fila immensa di persone che si sviluppava per centinaia di metri ed arrivava fino a prato della Valle.
Era gente che arrivava veramente da tutto il mondo e si trovava là in fila da parecchie ore per venerare un mucchio d'ossa.
L'atmosfera che si respirava era quella dei grandi eventi: mi ricordava alcuni concerti di grandi rock-star del passato.
Si è parlato di un'affluenza che sfiora le 25.000 persone al giorno per tutta la settimana dell'ostensione.
Il cantante Zucchero ha appena concluso una settimana di concerti di fila nell'Arena di Verona ed ogni sera sono venuti a sentirlo da tutt'Italia molto meno di 25.000 persone.
In questo caso, però, la gente era venuta a sentire un pezzo di carne che andava avanti e indietro e blaterava qualcosa; a Padova la gente viene a venerare un mucchio d'ossa immobile che si dice appartenga ad un uomo che ha detto le sue ultime parole il 13 giugno del 1231, poche ore prima di morire.
Da allora la sua fama è andata via via sempre più crescendo in tutto il mondo ed oggi è considerato il santo più "gettonato" della storia della Chiesa.
La cosa incredibile, però, è che di lui non si sà praticamente niente: sappiamo che era un giovane portoghese di nobili origini che sin dall'età adolescenziale scelse la via della donazione totale a Dio.
Era contemporaneo di Francesco d'Assisi e decise di seguirlo in Italia dove trascorse gli ultimi anni di vita, appunto a Padova.
Mi sono chiesto, allora, perchè migliaia di persone vengano a venerare il corpo di un uomo vissuto ottocento anni fa di cui non si sa praticamente nulla.
Chi è stato Antonio e soprattutto chi è adesso?
Faccio l'avvocato del diavolo e dico: può essere un fenomeno di autosuggestione o psicosi collettiva?
Esistono ragioni umane che spiegano questo fenomeno?
La risposta più ragionevole mi pare che sia questa: non esistono motivi umani che spieghino quanto succede a Padova.
Una psicosi collettiva non può durare ottocento anni e, peraltro, andare sempre più crescendo.
La risposta non può che essere soprannaturale; come sempre la più semplice e più difficile da accettare: Antonio è il santo che concede più grazie ai fedeli nel mondo e si tratta di persone che hanno l'umiltà di chiedere, pur vedendo con gli occhi del corpo soltanto un mucchio d'ossa.
Tutte le altre spiegazioni sono molto più irragionevoli di questa.

domenica 5 giugno 2011

l'unica grandezza

a proposito di Mladic, trascrivo stralci di una lettera bellissima scritta da una suora violentata dai miliziani serbi: è un pò lunga ma credo proprio che se la leggerete non la dimenticherete più!

"Rev. Madre Generale
Sono Ducj Metrusc, una delle novizie che hanno subito violenza da parte dei miliziani serbi.
Le scrivo all’indomani di quanto è accaduto a me ed alle mie consorelle Tatiana e Sendria.
Mi permetta di non dirle nulla dei particolari della nostra vicenda. Vi sono esperienze così atroci nella vita che non possono essere comunicate a nessuno se non a quel Dio alla cui volontà mi sono l’anno scorso consacrata.
Il mio dramma non è l’umiliazione subita come donna, né l’offesa insanabile fatta alla mia scelta esistenziale e vocazionale, quanto invece la difficoltà di inscrivere nella mia fede un avvenimento che certamente fa parte della misteriosa volontà di Colui che io continuerò a considerare il mio Sposo divino.
Mi trovo adesso in un angosciante buio interiore. Egli mi ha distrutto il progetto di vita che io consideravo definitivo ed esaltante per me, e mi ha improvvisamente inscritta in un suo nuovo disegno che è, in questo momento, per me tutto da scoprire.
Avevo scritto una volta sul mio diario di adolescente: nulla è mio, non sono di nessuno, nessuno mi appartiene. Qualcuno invece mi ha presa, una notte che non voglio più ricordare, e m’ha strappata a me stessa pensando di farmi sua.
Era giorno quando mi sono svegliata, e il primo pensiero che mi venne fu proprio quello dell’agonia di Gesù nell’orto. Si scatenò una lotta terribile: mi chiedevo, da una parte, perché Dio avesse permesso che io fossi straziata e distrutta proprio in ciò che ritenevo la ragione del mio vivere e, dall’altra, per quale nuova vocazione Egli intendesse candidarmi.
Mi alzai a fatica e mi feci il segno della croce: che cos’è Madre la mia sofferenza e l’offesa subita a confronto di quella di Colui per il quale avevo mille volte promesso di dare la vita?
Dissi adagio: “sia fatta la tua volontà, adesso soprattutto che non ho altro appiglio se non la certezza che Tu Signore mi sei vicino”.
Le scrivo Madre non per avere conforto, ma perché mi aiuti a ringraziare Dio di avermi associata alle migliaia di mie connazionali, offese nell’onore e costrette a maternità indesiderate. La mia umiliazione si aggiunge alla loro e, poiché non ho altro da offrire per l‘espiazione dei peccati
commessi dagli anonimi violentatori e per una riappacificazione tra le due opposte etnie, accetto il disonore subito e lo consegno alla pietà di Dio.
Non si meravigli se le chiedo di condividere con me un “grazie” che potrebbe sembrarle assurdo.
Ho pianto in questi mesi i miei due fratelli assassinati dagli stessi aggressori e pensavo che più di così non avrei potuto soffrire.
C’era una parte segreta del dolore del mio popolo che a me sfuggiva. Adesso sono una di loro, una delle tante donne anonime con il corpo devastato e l’anima saccheggiata. Il Signore mi ha ammesso al loro mistero di vergogna, anzi a me suora ha concesso il privilegio di capire fino in fondo la forza diabolica del male.
So che, da oggi in poi, le parole d’incoraggiamento e di consolazione che riuscirò a cavare dal mio povero cuore saranno certamente credute, perché la mia storia è la loro storia, e la mia rassegnazione, sostenuta dalla fede, potrà servire se non di esempio, almeno di conforto.
Tutto è passato, Madre, ma adesso tutto incomincia.
Nella sua telefonata, dopo avermi detto parole di conforto di cui le sarò grata per tutta la vita, lei mi ha posto una domanda: “che ne farai della vita che ti è stata imposta nel grembo?”.
Sentivo che la sua voce tremava nel pormi un interrogativo al quale non ho creduto opportuno rispondere subito, non perché non avessi già riflettuto sulla scelta da fare, ma per non turbare i suoi eventuali progetti nei miei confronti.
Io ho già deciso. Se sarò madre il bambino sarà mio e di nessun altro. Lo so che potrei affidarlo ad altre persone, ma lui ha diritto al mio amore di madre anche se da me non era atteso, ne richiesto.
Non si può strappare una pianta dalle sue radici. Il chicco di grano caduto su una zolla ha bisogno di crescere là dove il misterioso, anche se iniquo, seminatore l’ha gettato.
Realizzerò la mia vocazione in altro modo. Me ne andrò con mio figlio. Non so dove, ma Dio che ha infranto improvvisamente la mia gioia più grande, mi indicherà la strada per fare la sua volontà.
Tornerò povera; riprenderò il vecchio grembiule e gli zoccoli e andrò con mia madre a raccogliere resina dalle cortecce dei larici dei nostri grandi boschi.
Deve pur esserci qualcuno che incomincia a rompere la catena dell’odio che deturpa da sempre i nostri paesi.
Al figlio che verrà insegnerò proprio soltanto l’amore.
Lui, nato dalla violenza, testimonierà accanto a me che l’unica grandezza che onora la persona umana è quella del perdono".

domenica 29 maggio 2011

la musica nel cuore

...non bisogna fare altro che aprire l'anima

non bisogna fare altro che ascoltare...

domenica 22 maggio 2011

la prima volta

La prima volta che ho manifestato i miei sentimenti ad una ragazza ho dato vita ad una scena veramente tragicomica.
Volevo dirle semplicemente: “io ti voglio bene” ! Ed invece per circa mezz’ora non fui capace di dire nient’altro che “vedi io…., il fatto è che io…., io….., io……”; niente, non mi veniva fuori la frase.
Era come se pronunciare quelle parole richiedesse una profonda trasformazione del mio carattere, cosa che non ero ancora in grado di affrontare: per pronunciarle dovevo uscire da me stesso e la cosa mi costava un’enorme fatica.
Ad un certo punto mi sembrò che la ragazza avesse compreso e, cercando di evitare quel sacrificio, le dissi che sicuramente lei aveva già capito quanto stavo per dirle, ma lei rispose di no, che non ne aveva la più pallida idea; in questi casi le donne - non ho mai capito se per ingenuità o per inconsapevole malizia - sanno essere a volte molto crudeli.
Alla fine, dopo grandi dolori di stomaco, riuscii a pronunciare la frase e l’effetto che ebbe fu davvero molto romantico: ricordo ancora gli occhi colmi di meraviglia della malcapitata che accolse le mie parole con vera sorpresa.
Sperimentai, allora, una sensazione strana: fu come se una volta pronunciata quella frase i miei sentimenti avessero perso quell’autenticità che avevano quando erano ancora nascosti dentro di me. Come se una volta tirate fuori le mie sensazioni esse già non mi appartenessero più.
Il cuore dell’uomo è veramente un mistero...

domenica 15 maggio 2011

una ragazza normale

Ho conosciuto Cristina un mese fa: entrando in una Chiesa mi ha colpito il suo sorriso dolce e paziente.
Ho scoperto poi che è nata il 18 agosto 1969.
Da ragazza ha frequentato assiduamente l’oratorio della parrocchia Sacra Famiglia in Cinisello Balsamo, dove si è impegnata come catechista e animatrice. Dopo il liceo linguistico, si è iscritta alla facoltà di lingue presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il 2 febbraio 1991 ha sposato Carlo Mocellin e si è trasferita a Carpanè in provincia di Vicenza; a dicembre è nato Francesco, a luglio del 1993 Lucia ed un anno dopo Riccardo.
Durante la terza gravidanza è ricomparso il tumore, di cui Cristina aveva già sofferto a 18 anni.
D'accordo con Carlo, Cristina ha deciso di sottoporsi solo alle cure mediche che non avrebbero messo a rischio la vita di Riccardo.
La malattia si è aggravata fino al 22 ottobre 1995, quando Dio Padre l'ha chiamata a sé. Un mese prima aveva scritto una lettera molto toccante al neonato figlio Riccardo:
"Caro Riccardo, tu devi sapere che non sei qui per caso. Il Signore ha voluto che tu nascessi nonostante tutti i problemi che c’erano. Papà e mamma, puoi ben capire, non erano molto contenti all’idea di aspettare un altro bambino, visto che Francesco e Lucia erano molto piccoli. Ma quando abbiamo saputo che c’eri, t’abbiamo amato e voluto con tutte le nostre forze. Ricordo il giorno in cui il dottore mi disse che diagnosticava ancora un tumore. La mia reazione fu quella di ripetere più volte: sono incinta!, sono incinta! Ma io dottore sono incinta! Per far fronte alle paure di quel momento ci venne data una forza smisurata di volontà di averti. Mi opposi con tutte le forze a rinunciare a te, tanto che il medico capì già tutto e non aggiunse altro. Riccardo sei un dono per noi. Fu quella sera in macchina di ritorno dall’ospedale, che ti muovesti per la prima volta. Sembrava che mi dicessi ‹‹grazie mamma che mi vuoi bene!›› E come potevamo non volertene? Tu sei prezioso e quando ti guardo e ti vedo così bello, vispo, simpatico, penso che non c’è sofferenza al mondo che non valga la pena di sopportare per un figlio”.

Qualcosa mi dice adesso che ho una nuova amica...

sabato 7 maggio 2011

martedì 3 maggio 2011

voce che inganna

E’ una di quelle poche persone al mondo che non può permettersi di dare prova che esiste, dal momento che la stessa prova dimostrerebbe l’esistenza del suo principale avversario.
Ha bisogno perciò di nascondersi con l’unico intento di nascondere Dio altrimenti non ha nessuna speranza di vincere.
Per questo non accetta mai lo scontro frontale ma invia i suoi emissari, cercando di fare terra bruciata delle speranze sulle quali riposa il cuore dell’uomo.
Soltanto quando il tempo che gli rimane comincia ad assottigliarsi allora decide di rischiare di essere riconosciuto, insinuando nella mente il sospetto del nulla.
“La tua vita sta andando incontro al nulla”, sussurra all’intelligenza.
Non c’era nulla prima; non ci sarà nulla dopo.
Siete tutti figli del niente.
Ma lui per primo ha sempre saputo che non è così: chi meglio di lui può saperlo?
Ecco allora che comincia a mostrarsi diverso da quello che è, sempre pronto a capovolgere la realtà: pieno di affettuose premure per sostenere il cuore dell’uomo con surrogati della speranza:
“venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io riempirò il vuoto della vostra anima con la felicità già su questa terra.
Smettete di soffrire e cominciate a godere; godete durante il giorno e godete durante la notte.
Cancellate dalla vostra vita tutto ciò che vi fa soffrire e cercate solo quello che vi fa godere. Fate di ogni minuto della vostra giornata un godimento e non sarete più soli”.
Quante volte anche noi ci comportiamo così, cercando di apparire diversi, sempre migliori, di quello che siamo, e non ci accorgiamo che stiamo facendo il gioco del nemico.
Ma è poi così imbarazzante mostrare la nostra vera faccia?

martedì 26 aprile 2011

dentro di noi

Il nemico è dentro di noi.
Ogni scelta consapevole che facciamo durante la vita ci cambia un po': l'agire modifica l'essere.
Il nostro cuore nasconde un abisso di bene e di male:
ogni volta che compiamo una buona azione diventiamo migliori, ed anche più felici; ogni volta che compiamo un'azione cattiva diventiamo più cattivi ed anche più tristi.
E tuttavia quanto è difficile trarre fuori il bene dal proprio cuore!
Per fare il male è sufficiente smettere di lottare contro i propri difetti; il bene, invece, richiede sacrificio e sforzo costante per uscire da se stessi.
La cosa peggiore di tutte, però, è il rifiuto di riconoscersi causa principale dei propri mali.
Gli uomini possono essere divisi in due categorie: quelli che attribuiscono tutti i loro problemi a sé stessi e quelli per i quali la colpa della loro infelicità è sempre degli altri.
Pare che anche Gustav Jung abbia sperimentato questo strano fenomeno, quando scrive che: "E' spesso tragico constatare con quanta trasparenza l'uomo rovini la vita a se stesso e agli altri e per niente al mondo si renda conto fino a che punto l'intera tragedia dipenda da lui e da lui venga costantemente alimentata e sostenuta. Di questo non ha consapevolezza e incolpa e maledice il mondo infido che si ritira sempre più lontano. E' piuttosto un fattore inconscio che tesse le illusioni che avvolgono il mondo e la propria persona. La ragnatela tende a divenire un bozzolo nel quale alla fine il soggetto si trova rinchiuso".
Il primo passo da fare, allora, è quello di cominciare a costruire pazientemente se stessi, in un continuo esercizio diretto a tenere ciò che giova e lasciare quello che imprigiona, poiché la grandezza della vita si manifesta in noi a misura della nostra purezza.


lunedì 18 aprile 2011

negativo fotografico

Accadono talvolta eventi inaspettati che sconvolgono il monotono trascorrere della vita quotidiana, ricolmando di sorprendente meraviglia gli occhi dell'umano spettatore.
Qualcosa del genere deve essere successa al fotografo dilettante Secondo Pia, al quale nel 1898 fu dato l'incarico di realizzare la prima fotografia ufficiale della Sindone.
Sviluppando le foto realizzate, infatti, quest'uomo rimase senza fiato: mai si sarebbe aspettato che i negativi fotografici mostrassero l'immagine in positivo di un volto.
Tutto il corpo dell'uomo della Sindone presentava una distribuzione di luminosità che era esattamente opposta a quella che percepiamo nella realtà in cui le parti più sporgenti (ad esempio le punte del naso) presentano tonalità più chiare rispetto a quelle relative a strutture anatomiche più lontane.
L'impronta sindonica si comportava, pertanto, come un negativo fotografico, per cui la Sindone, che è di colore chiaro, appariva scura, mentre le macchie corrispondenti alle zone anatomiche in rilievo risultavano chiare.
Il negativo fotografico rivela, dunque, le particolarità dell’espressione dell’Uomo che in essa fu avvolto e che nessun altro negativo fotografico, di qualsiasi persona, riuscirebbe a riprodurre.
Tra i tanti misteri legati a questo lenzuolo, quello forse più grande consiste proprio nel comprendere come si è formata l'immagine sindonica, poichè tecnicamente soltanto un'esplosione di luce proveniente dal corpo stesso avrebbe potuto lasciare l'impronta di un negativo fotografico sul telo...

giovedì 14 aprile 2011

una serie di sfortunati eventi

Ho il dovere di mettere in guardia chi non avesse ancora visto questo film.
Io lo vidi il 31 dicembre di qualche anno fa: stavamo aspettando la mezzanotte per festeggiare il nuovo anno.
Terminata la visione ho tentato di far esplodere un razzetto del tutto inoffensivo, almeno per un napoletano, e mi sono bruciato un dito (devo ancora capire come ho fatto).
La mattina dopo avevo prenotato l'eurostar per Roma delle 10; vado per chiudere la valigia e si rompe la cerniera. Cerco di ripararla e non ci riesco; riesco però a perdere il treno prenotato.
Chiedo allo sportello se mi possono cambiare prenotazione per riuscire a prendere almeno il treno successivo ma mi dicono che quella mattina i terminali sono andati in tilt e non sono in grado di fare nessuna prenotazione.
Salgo su un treno regionale per riuscire ad arrivare almeno a Bologna (partivo da Verona) ed incredibilmente mi riesce di prendere un eurostar per Roma che partiva un pò in ritardo sull'orario previsto.
Neanche il tempo di pensare: "che fortuna che ho avuto" che, poco prima di arrivare a Firenze, il treno viene colpito da un oggetto non meglio identificato caduto da una collina circostante e si interrompono definitivamente i circuiti elettrici del convoglio.
Dopo un'ora di attesa aprono le porte e ci fanno scendere sulla banchina; sono le tre del pomeriggio ed il sole riscalda ancora la fredda giornata invernale.
Appena il sole si abbassa, però, i malcapitati passeggeri cominciano a gelarsi le budella e risalgono sul treno morto.
Dopo circa tre ore ci viene detto di scendere nuovamente poichè di lì a poco sarebbe arrivato un altro eurostar proveniente da Milano (già pieno di passeggeri) sul quale potevamo salire tutti.
Non so se riuscite ad immaginare la scena di centinaia di passeggeri di un treno morto che salgono su un altro treno già pieno: scene di delirio collettivo totale.
A me, tuttavia, veniva da ridere perchè veramente non riuscivo a credere a quello che mi stava succedendo.
Sono arrivato a Roma alle otto di sera.
Non credo che dimenticherò più questo film.

sabato 9 aprile 2011

la vita è un viaggio

la vita è un viaggio dentro noi stessi
alcuni percorrono questo viaggio fino in fondo
al punto da liberarsi da sè e darsi agli altri
la loro vita diventa allora feconda
altri si perdono dietro ai pensieri del cuore
e non vedono mai la luce
il loro ego è troppo ingombrante
e diventa invalicabile


venerdì 1 aprile 2011

eternamente presente

Nessun destino è già scritto.
Il destino di ciascuno di noi si compie nel tempo ed è sempre il risultato di scelte libere e (più o meno) consapevoli.
Allo stesso tempo Dio conosce già il destino di tutti, perchè Egli è l'Eternamente Presente.
Solo un giorno comprenderemo questo che è forse il più grande mistero della fede; adesso possiamo soltanto sfiorarne la superficie.
Il fatto è che noi siamo abituati ad inquadrare gli eventi all'interno di precise categorie spazio-temporali; ma Dio non è limitato nè dallo spazio, nè dal tempo: tutta la storia passata, presente e futura è adesso presente davanti a Lui.
Ma ciò non vuol dire che sia già scritta.
Egli conosce la nostra vita dall'inizio alla fine, ma questo non ci toglie la libertà di costruirla giorno per giorno come ci pare e piace.
L'Eternamente Presente di Dio non è contro la ragione: è sopra la ragione, poichè il mistero non è irrazionale è mistero e basta.
Oserei dire addirittura che tutto questo discorso ha a che fare più con la Fisica che con la Teologia o la Filosofia: avrebbe potuto comprenderlo più Max Planck che Hegel!

lunedì 28 marzo 2011

navigatore satellitare

La Provvidenza credo agisca come un navigatore satellitare che lascia libero il guidatore di cambiare il percorso già programmato, aggiornandolo con l'inversione effettuata, ma riprogrammando la destinazione attraverso un nuovo percorso che conduce alla stessa meta...
Facevo questa riflessione leggendo il post "la vita degli altri" scritto da Valentina (margheritanelgiardinodifragole.blogspot.com) che ringrazio per l'interesse che sempre suscitano i suoi interventi.
Confesso che non ho molta fiducia nel navigatore satellitare e, se posso farne a meno, cerco di non usarlo; quando però mi capita di non seguire una indicazione che mi da, perchè la reputo evidentemente illogica, mi colpisce la pazienza che ha nel non rimproverami (permettetemi di usare categorie umane per una macchina), laddove invece un uomo ti rinfaccerebbe mille volte l'errore commesso (hai visto? Te l'avevo detto!!! Non vuoi mai ascoltarmi).
Questa macchina invece è sempre molto garbata nell'indicarti una nuova strada che puoi percorrere tutte le volte in cui decidiamo di fare di testa nostra.
La Provvidenza fa in un certo senso lo stesso con l'uomo perchè, osservando le cose dall'alto, sà meglio di noi qual'è la strada per la nostra felicità; tuttavia ci lascia liberi anche di non percorrerla, non abbandonandoci però mai al nostro destino...

venerdì 18 marzo 2011

lost

La prima volta che ho cominciato ad avvertire questo abisso è stata in una chiara notte d’estate quando, nell’oscurità e nel silenzio della mia stanza, mi sono messo a guardare fuori attraverso la finestra per cercare di comprendere l’universo che mi stava nascendo dentro e mi impediva di dormire, ed allora ho provato un’enorme desiderio di uscire da quelle mura per andare nel posto più alto della terra per poter osservare i movimenti di tutte le persone del mondo, così da poter partecipare della loro felicità...

martedì 15 marzo 2011

voglia di leggerezza

"e sò parole o è fantasia

oppure chesta è a' vita mia..."


non mi prenderò un pò troppo sul serio???


mercoledì 9 marzo 2011

Nostalgia

Il mio nome segreto è molto più semplice in realtà; potrebbe essere sintetizzato in due parole: nostalgia del cielo.
Teresa d'Avila, santa e dottore della Chiesa, paragonava la vita sulla terra a "una triste notte in una cattiva locanda" e, rivolgendosi a Dio, diceva: "non mi stupisco che Tu abbia così pochi amici, se li tratti sempre così male".
Io sono più ottimista di Teresa e credo che la vita ci possa dare molta gioia umana, attraverso l'amore, l'amicizia, la contemplazione delle bellezze del creato, l'arte, la musica...
Allo stesso tempo, però, sperimento che tutte queste cose non saziano il desiderio di felicità e amore infinito che è presente nella mia anima e che nessun bene creato può esaurire: solo Dio basta, diceva Agostino.
Per una grazia speciale, e del tutto immeritata, questa felicità piena io l'ho incontrata qualche volta, seppur per brevi istanti, ed il mio cuore non l'ha più dimenticata, percependo la netta sensazione che non provenga da questa terra.
Per questo io mi sento abitualmente come un viandante costretto a vivere in terra straniera per tutta una vita, ma un viandante che conserva la speranza incrollabile di tornare un giorno a casa propria.
La solitudine immensa che provo, dunque, è strettamente proporzionale al bisogno di felicità infinita che sento nel cuore e che solo in cielo potrà essere colmato.
Proprio questo desiderio di felicità infinita è la prova più lampante dell'esistenza di Dio, per quanto mi riguarda, e ciò, prima ancora che sul piano esistenziale, sul piano metafisico, perchè ritengo irragionevole che una persona sia condannata a sentire dentro di sè un bisogno così radicato di una cosa che non esiste.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che lo stesso bisogno di felicità inappagato può condurre alla creazione dell'idea di un Dio che esiste solo nella mente dell'uomo, ed alimentare la speranza di una felicità ultraterrena illusoria: se arrivassimo a possedere la felicità piena non avremmo bisogno di Dio.
Ma questo è un argomento a doppio taglio; è vero infatti anche il contrario: Dio, infatti, sa benissimo che gli uomini si dimenticherebbero presto di Lui se fossero pienamente felici già su questa terra. La solitudine è proprio uno dei mezzi che usa per attirarci a Lui.
Ebbene si: ci sono sufficienti motivi per credere e sufficienti motivi per non credere, diceva Pascal; la fede è sempre una scommessa, un salto nel buio.
E' per questo che alla verità, come alla fede, si arriva prima col cuore che con l'intelligenza: prove inconfutabili non ce ne saranno mai, perchè altrimenti verrebbe meno la libertà dell'uomo.
Una persona libera avrà sempre molti motivi per credere se avrà un minimo di volontà di credere: non ne avrà nessuno se non vorrà credere.
Dio ci dona libertà e ci chiede buona volontà, ma noi cosa siamo disposti a dargli?

giovedì 3 marzo 2011

il mio nome segreto

Nel libro dell’Apocalisse si legge che alla fine dei tempi coloro che avranno vinto la battaglia contro i nemici di Dio saranno premiati, tra le altre cose, con una pietra bianca sulla quale è scritto il loro nome segreto:
“a chi vince io darò da mangiare della manna nascosta, e una pietruzza bianca; sulla pietruzza sta scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve" (Apocalisse 2:17).
Su questa pietruzza potremo leggere il nostro nome segreto: quello che svela la nostra vera identità.
Credo che sarà un nome simile a quelli utilizzati da certe tribù indiane per rivelare il carattere di una persona, tipo “sole che brilla”, “cuore contento” o “sguardo penetrante”. Mi pare che anche in certi gruppi scout usino dare questo tipo di nomi alla fine dell’addestramento.
Sarà un nome capace di rivelare l’intera personalità di una persona e avrà un significato unico ed esclusivo, che nessun altro potrà comprendere.
Probabilmente se ce lo svelassero adesso non ci direbbe niente: lo troveremmo forse troppo banale ed insignificante; oppure ci direbbe troppo, rischiando di influenzare prematuramente le nostre scelte.
Si tratta di un nome che potrà avere senso compiuto soltanto quando il destino avrà fatto il suo corso e completato interamente la potatura dei nostri rami superflui.
Mi sono chiesto, allora, quale potrebbe essere il mio nome segreto: quello che racchiude tutta l’essenza del mio essere.
E’ venuto fuori un nome un po’ articolato – il nostro nome segreto sarà necessariamente molto più semplice, perché Dio è infinitamente più semplice di noi – però credo che un po’ questo si avvicini:
“infinita ricerca, piena di gioiosa speranza, di una via d’uscita da questa solitudine immensa”.
Mi riconoscete?

giovedì 24 febbraio 2011

il canarino fragile

Un canarino è venuto a cantare sulla mia finestra stamattina.
Era di colore giallo brillante ed aveva uno sguardo smarrito.
Ripenso con un pò di malinconia alla storia del canarino nelle miniere, quando gli operai scendevano nel sottosuolo portandosi dietro una gabbietta con un canarino che veniva deposta vicino al luogo di lavoro; se il canarino smetteva di cantare e moriva improvvisamente, significava che c'era stata una fuoruscita di gas e che bisognava immediatamente abbandonare il cunicolo di scavo.
I minatori potevano così mettersi in salvo.
Si usavano i canarini per il loro colore ben visibile anche nel buio della polvere e per l’inconfondibile canto mai interrotto se non quando l’uccellino, che possiede un apparato respiratorio molto fragile, sta per lasciarci le penne.
Ho sempre avuto una certa sensibilità a percepire alcuni eventi prima che accadano.

venerdì 18 febbraio 2011

anime

Ieri un raggio di sole ha inondato la mia anima...
mi sono domandato cosa avevo fatto per meritarlo
e non ho trovato risposta...
beate le anime che dimenticano il bene compiuto
perchè riceveranno la grazia di dimenticare anche il male subito...
Se chiudo gli occhi e penso a cosa conta di più nella mia vita, non posso fare a meno di pensare a delle persone, tante o poche ma quelle persone!
Non permetterò che i tesori sui quali riposa il mio cuore siano cose...

venerdì 11 febbraio 2011

abbiate pazienza con me...

C'è un detto napoletano che recita: “fattelle cu cchi è meglio e' te e pagane e' spese”, che tradotto in italiano suona pressappoco
così: “frequenta chi è migliore di te e sopportane le conseguenze”.
Spesso le conseguenze sono molto dolorose, poiché oltre alle percosse che arrivano dall'altra parte, quella rappresentata da chi è peggiore di te e non accetta il tuo “tradimento”, bisogna sopportare anche quei sentimenti di inadeguatezza che provengono da dentro di te, e che ti fanno soffrire perché non ti senti mai all'altezza del livello al quale è giunto chi è migliore di te; ed allora vorresti gridare: “aspettatemi, datemi il tempo di crescere. Abbiate pazienza con me”!

sabato 29 gennaio 2011

di cosa ho paura

Non ho paura della morte.
Ho paura di una vita senza senso.
Ho sempre avvertito il bisogno inesauribile di essere utile.
Penso che l’inferno sarà popolato da persone che non avranno niente da fare per tutta l’eternità.

Durante il servizio militare fui assegnato al corpo “Genio guastatori”, uno di quelli più operativi dell’esercito italiano.
Gli ufficiali ci massacravano con marce interminabili e addestramenti specializzati nel trattare dinamite ed esplosivi: non avevamo davvero il tempo di annoiarci.
Ad un certo punto fui trasferito al Tribunale militare, ma prima di arrivarci passai un mese all’interno di una caserma specializzata in “logistica e trasmissioni”, dove eravamo abbandonati a noi stessi ed era un’impresa arrivare a sera con la sensazione di aver fatto qualcosa di sensato.
In quel posto mi resi conto di quanto potessero essere devastanti l’ozio e la noia: sembravamo dei morti viventi che si aggiravano nel cortile di un carcere disorientati e persi.
Quando arrivai al Tribunale militare scoprii poi che quasi tutte le notizie di suicidi di giovani in ferma temporanea che arrivavano ai giudici riguardavano militari che si trovavano in caserme dove non avevano nessun incarico da svolgere.
Mi è capitato spesso di visitare le tombe dei miei cari ed ogni volta che varco la soglia del cimitero rimango rapito dal misterioso fascino che promana da questo luogo. Qualche volta mi soffermo a leggere le date che contrassegnano la vita, talvolta molto breve, di quei volti, spesso sconosciuti, che mi scrutano quasi a voler mettermi in guardia da un esistenza inutile.
Qualche volta mi sono attardato a visitare le zone più antiche di quel sacro luogo, dove la polvere del tempo appena lascia intravedere il viso di quelle persone ormai vissute oltre un secolo fa e di cui forse nessuno più serba il ricordo.
E’ impressionante contemplare quei volti cercando ogni volta di intuire dai loro lineamenti la storia di una vita, probabilmente intessuta di amore e di dolore; una storia di anime che non potrà essere più raccontata da nessuno se non nell’eternità.
Comprendo, allora, che l’unica ragione per la quale siamo stati creati è imparare ad amare, poiché della nostra vita solo l’amore resterà.

lunedì 24 gennaio 2011

il mistero del dolore

Il dolore è un mistero, abisso in grado di suscitare nell’essere umano due reazioni antitetiche: la repulsione e la solidarietà.
La maggior parte degli uomini manifesta una naturale tendenza al rifiuto della sofferenza, nella convinzione che la felicità consista nell’assenza del dolore.
E’ frustrante assistere al dolore disperato di chi non riesce a cogliere il senso di un malessere che conduce all’isolamento, al rifiuto della vita e, qualche volta, alla follia.
L’esistenza dell’uomo sulla terra è caratterizzata dalla più assoluta finitezza, non solo per il fatto che è destinata a consumarsi nel tempo, ma anche perché è tormentata continuamente da un’inesauribile esigenza di abbeverarsi ad un infinito che le dia senso.
Quando questo nutrimento non riesce più ad alimentare l’anima, allora, la sofferenza genera laceranti conflitti interiori, che si manifestano nel grido disperato di chi si ribella al dolore dopo averne invano cercato la ragione: “Ho ricevuto la vita come una ferita aperta ed ho impedito al suicidio di guarirne la cicatrice. Voglio che il creatore, in ogni istante della sua eternità, ne contempli la lacerazione. E’ il castigo che gli infliggo, non ho meritato questo supplizio” (Lautremont).
Ci sono, al contrario, persone che arrivano ad affrontare il dolore con umiltà e speranza, comprendendo che ogni avvenimento umano possiede una sua intima, e spesso misteriosa, ragion d’essere:
“l’uomo ha delle zone del suo cuore che non esistono ancora e dove il dolore entra perché esse esistano”.
Ogni fenomeno di nascita, crescita e maturazione è accompagnato dal dolore, sentimento al quale è legata in maniera indissolubile la gioia e la felicità: “quanto più in fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere” e “quando siete contenti, guardate in fondo al vostro cuore e scoprirete che ieri avete sofferto per quello che oggi vi rende felici” (Gibran).
Non so spiegare il dolore innocente che ho conosciuto nella mia vita.
Quello che so è che ogni volta che l’ho incontrato sul mio cammino qualcosa dentro di me è cambiato.
E’ questo forse il mistero più grande.

mercoledì 19 gennaio 2011

sabato 15 gennaio 2011

la fine di un amore

Qualche giorno fa ho incontrato un caro amico che sta soffrendo molto per la fine del suo amore e non ho potuto fare a meno di ripensare agli anni dei miei studi universitari, quando ho vissuto anch'io la fine del primo, vero, grande amore della mia vita.
Ho sperimentato allora l’angoscia dell’oblio infinito e definitivo, così bene descritta in un celebre libro sulla biologia contemporanea: «L'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo».
Con il tempo ho capito, poi, che quella sensazione di vuoto dipende da uno stato d’animo per fortuna passeggero poiché, con il passare del tempo, poco a poco la vita ricomincia a riempirsi di senso.
L’ ”oblio infinito e definitivo” non è infatti una realtà oggettiva, dal momento che mano a mano che crescevo scoprivo sempre più chiaramente che niente nella vita succede per caso e che la potatura dei nostri rami superflui determina sempre una maturazione evidente della nostra personalità.
Non esiste, comunque, esperienza più bella nella vita che quella della piena comunione tra due anime innamorate. È come se tutta la propria esistenza, passato, presente e futuro, ricevesse luce e senso da quella comunione sorprendente.
Il mondo intero acquista significato e bellezza, colorandosi di tinte straordinarie ed incredibilmente variegate. Al centro di questo universo rinnovato, poi, risplende l’anima radiosa degli innamorati che riscalda tutto l’ambiente che li circonda.
Il fascino che un’anima innamorata è in grado di esercitare sulle persone durante un tale momento è irresistibile: quando sei innamorato sembra che tutte le persone ti inseguano, poiché nei tuoi occhi risplende una luce che affascina tutto il mondo circostante; quando torni ad essere solo, invece, pare che non ci sia più nessuno che ti noti, prova lampante del fatto che nelle relazioni personali l’interiorità è molto più importante del dato esteriore.
Non esiste, però, neanche niente di più effimero di una tale condizione.
Un attimo prima ti senti al centro del mondo; un attimo dopo sprofondi nell’abisso della disperazione.
Hai l’impressione, allora, di essere diventato una parte minuscola ed insignificante nell’abisso di un inutile universo. Scoprirsi improvvisamente abbandonati dall’intera creazione rappresenta il momento più difficile nella vita di una persona. Si cerca, allora, di rimanere vivi almeno nei pensieri della persona amata, ma l’implacabile destino non dà scampo: è necessario morire per rinascere.
Guai alle persone per le quali un amore umano diventa l’unica ragione della loro vita. Non esiste errore più pericoloso ed ineluttabile, poiché nella quasi totalità dei casi esso è praticamente inevitabile.
L’amore umano è stato creato per ricordare agli uomini che fino a quando saranno sulla terra il desiderio di felicità che alberga nel loro cuore non potrà ricevere mai pieno compimento.