Chaim Potok è uno scrittore ebreo americano morto alcuni
anni fa che nei suoi romanzi rivolge gran parte dell'attenzione a storie di
bambini che diventano grandi e devono affrontare le scelte decisive
della loro vita e, soprattutto, conflitti generazionali.
Tra i suoi libri più famosi ci sono Danny
l'eletto (1967), La scelta di Reuven (1969), Il mio nome è Asher Lev
(1972) e Il dono di Asher Lev (1990).
In quello che, secondo me, è
il suo capolavoro (Il mio nome è Asher Lev) il piccolo Asher sente
prepotentemente di possedere, attraverso un misterioso dono, la
vocazione di pittore.
Nella sua comunità religiosa tuttavia la
pittura è tollerata al massimo come arte decorativa, ma è considerata
sostanzialmente un'attività pagana. Anche a scuola il bambino trova
un'aperta ostilità, mentre il padre Arieh non capisce e non può
condividere la vocazione del figlio: dopo aver tollerato nell'infanzia
la sua passione per la pittura, comincia dunque ad osteggiarlo,
rimproverandolo di perdere tempo o addirittura di dedicarsi ad una
attività che viene "dall'altra parte", dal demonio.
La madre, per
quanto le è possibile, cerca di mediare nei conflitti tra padre e figlio
sempre più insistenti, ma la tensione diventa molto forte quando Asher
comincerà a dipingere “crocifissioni”, modello che, pur riflettendo un
tema classico con cui si misurano i pittori, rappresenta un soggetto
massimamente detestato dagli ebrei.
Per di più il ragazzo diventa famoso
con un quadro in cui addirittura giunge a mettere in croce sua madre,
che ha visto soffrire per anni a causa dell’incomprensione tra il marito
ed il figlio.
Quello che segue è il brano, per molti versi
geniale, in cui Asher descrive perché ha dipinto la famosa
“Crocifissione di Brooklyn”:
«Dipinsi in fretta, travolto da uno strano impeto di energia.
Per tutto il dolore che hai sofferto, mamma.
Per tutto il tormento dei tuoi anni passati e futuri, mamma.
Per tutta l’angoscia che questo quadro di dolore ti causerà.
Per l’inesprimibile mistero che mette al mondo padri e figli buoni e permette che una madre li veda azzannarsi.
Per
il Padrone dell’Universo il cui mondo di sofferenza io non capisco. Per
i sogni di terrore, per le notti d’attesa, per i ricordi di morte, per
l’amore che ho per te, per tutte le cose che ricordo, per tutte le cose
che dovrei ricordare ma che ho dimenticato;
per tutte queste cose
ho creato questo quadro – io, un ebreo osservante che lavora su una
crocifissione perché nella sua tradizione religiosa non esiste alcun
modello estetico al quale far risalire un quadro di angoscia e di
tormento estremi».
Sublime