La Provvidenza credo agisca come un navigatore satellitare che lascia libero il guidatore di cambiare il percorso già programmato, aggiornandolo con l'inversione effettuata, ma riprogrammando la destinazione attraverso un nuovo percorso che conduce alla stessa meta...
Facevo questa riflessione leggendo il post "la vita degli altri" scritto da Valentina (margheritanelgiardinodifragole.blogspot.com) che ringrazio per l'interesse che sempre suscitano i suoi interventi.
Confesso che non ho molta fiducia nel navigatore satellitare e, se posso farne a meno, cerco di non usarlo; quando però mi capita di non seguire una indicazione che mi da, perchè la reputo evidentemente illogica, mi colpisce la pazienza che ha nel non rimproverami (permettetemi di usare categorie umane per una macchina), laddove invece un uomo ti rinfaccerebbe mille volte l'errore commesso (hai visto? Te l'avevo detto!!! Non vuoi mai ascoltarmi).
Questa macchina invece è sempre molto garbata nell'indicarti una nuova strada che puoi percorrere tutte le volte in cui decidiamo di fare di testa nostra.
La Provvidenza fa in un certo senso lo stesso con l'uomo perchè, osservando le cose dall'alto, sà meglio di noi qual'è la strada per la nostra felicità; tuttavia ci lascia liberi anche di non percorrerla, non abbandonandoci però mai al nostro destino...
La prima volta che ho cominciato ad avvertire questo abisso è stata in una chiara notte d’estate quando, nell’oscurità e nel silenzio della mia stanza, mi sono messo a guardare fuori attraverso la finestra per cercare di comprendere l’universo che mi stava nascendo dentro e mi impediva di dormire, ed allora ho provato un’enorme desiderio di uscire da quelle mura per andare nel posto più alto della terra per poter osservare i movimenti di tutte le persone del mondo, così da poter partecipare della loro felicità...
Il mio nome segreto è molto più semplice in realtà; potrebbe essere sintetizzato in due parole: nostalgia del cielo.
Teresa d'Avila, santa e dottore della Chiesa, paragonava la vita sulla terra a "una triste notte in una cattiva locanda" e, rivolgendosi a Dio, diceva: "non mi stupisco che Tu abbia così pochi amici, se li tratti sempre così male".
Io sono più ottimista di Teresa e credo che la vita ci possa dare molta gioia umana, attraverso l'amore, l'amicizia, la contemplazione delle bellezze del creato, l'arte, la musica...
Allo stesso tempo, però, sperimento che tutte queste cose non saziano il desiderio di felicità e amore infinito che è presente nella mia anima e che nessun bene creato può esaurire: solo Dio basta, diceva Agostino.
Per una grazia speciale, e del tutto immeritata, questa felicità piena io l'ho incontrata qualche volta, seppur per brevi istanti, ed il mio cuore non l'ha più dimenticata, percependo la netta sensazione che non provenga da questa terra.
Per questo io mi sento abitualmente come un viandante costretto a vivere in terra straniera per tutta una vita, ma un viandante che conserva la speranza incrollabile di tornare un giorno a casa propria.
La solitudine immensa che provo, dunque, è strettamente proporzionale al bisogno di felicità infinita che sento nel cuore e che solo in cielo potrà essere colmato.
Proprio questo desiderio di felicità infinita è la prova più lampante dell'esistenza di Dio, per quanto mi riguarda, e ciò, prima ancora che sul piano esistenziale, sul piano metafisico, perchè ritengo irragionevole che una persona sia condannata a sentire dentro di sè un bisogno così radicato di una cosa che non esiste.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che lo stesso bisogno di felicità inappagato può condurre alla creazione dell'idea di un Dio che esiste solo nella mente dell'uomo, ed alimentare la speranza di una felicità ultraterrena illusoria: se arrivassimo a possedere la felicità piena non avremmo bisogno di Dio.
Ma questo è un argomento a doppio taglio; è vero infatti anche il contrario: Dio, infatti, sa benissimo che gli uomini si dimenticherebbero presto di Lui se fossero pienamente felici già su questa terra. La solitudine è proprio uno dei mezzi che usa per attirarci a Lui.
Ebbene si: ci sono sufficienti motivi per credere e sufficienti motivi per non credere, diceva Pascal; la fede è sempre una scommessa, un salto nel buio.
E' per questo che alla verità, come alla fede, si arriva prima col cuore che con l'intelligenza: prove inconfutabili non ce ne saranno mai, perchè altrimenti verrebbe meno la libertà dell'uomo.
Una persona libera avrà sempre molti motivi per credere se avrà un minimo di volontà di credere: non ne avrà nessuno se non vorrà credere.
Dio ci dona libertà e ci chiede buona volontà, ma noi cosa siamo disposti a dargli?
Nel libro dell’Apocalisse si legge che alla fine dei tempi coloro che avranno vinto la battaglia contro i nemici di Dio saranno premiati, tra le altre cose, con una pietra bianca sulla quale è scritto il loro nome segreto:
“a chi vince io darò da mangiare della manna nascosta, e una pietruzza bianca; sulla pietruzza sta scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve" (Apocalisse 2:17).
Su questa pietruzza potremo leggere il nostro nome segreto: quello che svela la nostra vera identità.
Credo che sarà un nome simile a quelli utilizzati da certe tribù indiane per rivelare il carattere di una persona, tipo “sole che brilla”, “cuore contento” o “sguardo penetrante”. Mi pare che anche in certi gruppi scout usino dare questo tipo di nomi alla fine dell’addestramento.
Sarà un nome capace di rivelare l’intera personalità di una persona e avrà un significato unico ed esclusivo, che nessun altro potrà comprendere.
Probabilmente se ce lo svelassero adesso non ci direbbe niente: lo troveremmo forse troppo banale ed insignificante; oppure ci direbbe troppo, rischiando di influenzare prematuramente le nostre scelte.
Si tratta di un nome che potrà avere senso compiuto soltanto quando il destino avrà fatto il suo corso e completato interamente la potatura dei nostri rami superflui.
Mi sono chiesto, allora, quale potrebbe essere il mio nome segreto: quello che racchiude tutta l’essenza del mio essere.
E’ venuto fuori un nome un po’ articolato – il nostro nome segreto sarà necessariamente molto più semplice, perché Dio è infinitamente più semplice di noi – però credo che un po’ questo si avvicini:
“infinita ricerca, piena di gioiosa speranza, di una via d’uscita da questa solitudine immensa”.