mercoledì 23 settembre 2015

Né morte né vita

Il video che segue non è il solito filmato strappalacrime, pur toccando un tema drammatico e apparentemente triste.
A me ha trasmesso un sentimento di gioia e non di malinconia.
Mi ha colpito perché dimostra ancora una volta come l'amore sia molto più forte della morte e alla fine vince sempre.
Mi ha toccato il cuore la leggerezza e, insieme, la profondità con la quale questa madre pronuncia quell'i love you: tre parole che fanno comprendere più di mille discorsi.
Mi ha sorpreso vedere incarnate quelle parole di Paolo, a distanza di circa duemila anni dal giorno in cui furono pronunciate: "Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio".

martedì 15 settembre 2015

Rivoluzioni

Si racconta che il rivoluzionario sovietico Анатолий Васильевич Луначарский (1875– 1933) dopo la "primavera" del '17 fu membro attivo nella difesa del patrimonio storico e culturale della Russia e, disconoscendone l'enorme eredità spirituale, si occupò di fare propaganda antireligiosa in tutta l'Unione.
Conosciuto anche come "l'uomo che fucilò Dio": Anatolij Vasil'evič Lunačarskij presiedeva il Tribunale che iniziò un vero e proprio processo a Dio per crimini contro l'umanità.
Sul banco degli imputati fu deposta una bibbia e il tribunale, dopo accurata istruttoria, condannò Dio alla pena capitale.
La mattina seguente fu eseguita la sentenza:
cinque raffiche di mitra contro il cielo.
Il corpo senza vita della vittima, però, non fu possibile rinvenire in alcun luogo, tanto che, da fonti ritenute da più parti assolutamente attendibili, parrebbe che a tutt'oggi ci sia ancora una cellula del partito intenta a cercarlo.

mercoledì 2 settembre 2015

Come stai?

Cosa farei se vedessi un uomo sul cornicione di un ponte con i piedi pronti al grande balzo?
Jamie Harrington, dublinese di sedici anni, è salito sul ponte, si è seduto accanto all’aspirante suicida e gli ha gettato al collo solamente due parole: «Stai bene?».
Per tutta risposta l’uomo si è messo a piangere.
In tre quarti d’ora di monologo ha concentrato le miserie di una vita.
La sensazione di essere invisibile, inutile, inadeguato.
Jamie gli ha lasciato finire il racconto e poi ha detto: «Stanotte non riuscirei a dormire se ti sapessi in giro da solo per la città. Chiamerò un’ambulanza perché ti porti in ospedale».
L’uomo alla deriva si è lasciato trarre in salvo: più per non deludere il nuovo amico che per altro.
Si sono scambiati i numeri di telefono.
A tre mesi da quella notte lo smartphone di Jamie ha suonato e lui ha subito riconosciuto la voce: «Stai bene? Sono state quelle due parole a salvarmi».
«Com’è possibile che ti siano bastate due parole?», gli ha chiesto Jamie.
«Immagina se per tutta la vita non te le avesse rivolte mai nessuno».
Stai bene. Nel comunicare col prossimo, persino con le persone amate, si preferisce usarne altre più intrusive. «Come è andata?», «Con chi sei stato?». E quando si chiede a qualcuno come sta è solo per recitare una formula di cortesia che spesso non prevede di prestare attenzione alla risposta.
Eppure, se pronunciate a cuore aperto, quelle due parole pare facciano miracoli. L’uomo che voleva togliersi la vita ne ha appena creata una nuova, con la collaborazione decisiva di sua moglie.
Dice che aspettano un maschio e che lo chiameranno Jamie.
Massimo Gramellini 
La stampa» del 7 agosto 2015