domenica 28 luglio 2013

se ne vanno sempre i migliori

Come vi ho già raccontato, la passione per la musica è cominciata molto presto nella mia vita.
Ero ancora un ragazzo quando un amico mi registrò un pezzo di J.J. Cale: si trattava di Mississipi river.
Da quel giorno è nato un feeling molto speciale tra me e J.J., forse per via del suo stile inconfondibile, così diverso dalle rockstar americane che sembravano voler incendiare il mondo.
Il suo modo di fare musica era discreto ed appena sussurrato, e si basava sull'attenzione ai dettagli più che al volume della chitarra.
Personaggio schivo e non amante dei riflettori, proveniva dalla provincia americana, fatta di vaste distese di campi e buona birra ghiacciata; forse anche per questo mi è piaciuto subito: eravamo entrambi uomini di provincia, e di campagna.
Adesso che se n'è andato gli esperti dicono che "è stato uno dei piu` influenti musicisti degli anni '70, ed anche uno dei meno noti: conio` uno stile "laid back" con una serie di soffici ballate d'atmosfera, cantate in un sussurro ipnotico, e accompagnate in modo pigro e languido dalla chitarra, suonata con un picking a meta` strada fra country, blues e rock and roll, con occasionali accenni di funk e jazz.
Quello stile divenne la quintessenza del "mainstream" degli anni '70 (per esempio, Eric Clapton e i Dire Straits)".
Io che non sono un esperto, dico che ho perso un compagno di viaggio che da circa 30 anni mi accompagnava sulle strade del mondo, e spero tanto di poter ascoltare ancora qualche nota della sua inconfondibile chitarra sulla strada sconosciuta e misteriosa che ancora mi aspetta. 



domenica 21 luglio 2013

Conchiglie sulle montagne

In un freddo giorno di marzo del 1659, un giovanotto magro con la faccia pallida e gli occhi scuri uscì di casa e guardò il cielo.
Aveva sempre impressionato i suoi contemporanei con la sua grande capacità di osservazione, e quel giorno cominciò a guardare i primi fiocchi di neve che scendevano dal cielo.
Rimase ad osservarli mentre ondeggiavano sospinti dal vento, esaminando ogni minuscolo cristallo che si posava sulla manica della sua giacca.
Estrasse un pezzo di carta dalla tasca e cominciò a disegnare la loro forma.
"Belle sono le cose che si vedono, ancor più belle quelle che si conoscono, bellissime quelle che si ignorano", sarebbe stata una delle sue celebri frasi.
Da illustre anatomista, aveva già sbalordito la comunità scientifica dimostrando che il cuore è un muscolo e non la fonte del calore, ma il successo più significativo lo ottenne scrivendo un libricino di settantotto pagine nel quale tracciò i principi fondanti la ricerca geologica.
Risolse un enigma che aveva attanagliato gli uomini per secoli: perché si trovano conchiglie sulle montagne? Dimostrò che la terra ha una storia, raccontata dalle rocce. Considerato tra i maggiori scienziati degli ultimi secoli, al pari di Galileo, Keplero, Pascal e Newton, a lui è attribuita la nascita della paleontologia, della stratigrafia e della cristallografia.
Morì in Germania il 25 novembre del 1686, povero e quasi dimenticato, dopo essersi convertito al cattolicesimo ed essere diventato sacerdote.
Nato e cresciuto in una famiglia luterana, raccontò agli amici che la sua conversione fu stimolata da un evento casuale, mentre percorreva una strada di Firenze il giorno di Ognissanti del 1667: "ascoltai una donna che mi chiamava dalla finestra dicendomi 'Signore, non procedete oltre su quel lato, andate sull'altro'; mi stava indicando la casa di un amico sul lato opposto della strada. Ma quella voce mi colpì, perché in quel momento stavo meditando proprio sulla mia conversione".
Oggi i suoi resti mortali sono deposti nella chiesa di San Lorenzo a Firenze: i pellegrini lo venerano come un santo, ma la maggioranza dei turisti che affollano la città non l'ha mai sentito nominare.
Quel giovanotto che in una fredda giornata di marzo osservava i cristalli di neve era uno studente dell'Università di Copenaghen: si chiamava Niels Stensen, anche se la tradizione accademica aveva latinizzato il suo nome in Nicolai Stenonis.

venerdì 12 luglio 2013

come gli aquiloni


I figli sono come gli aquiloni,

passi la vita a cercare di farli alzare da terra.

Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.
Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai
di avere assolto il tuo compito.

Erma Bombeck

  (dal blog: lasignorainrosso.blogspot.it)

venerdì 5 luglio 2013

voce di un altro mondo

Qualche giorno fa, mentre tornavo a casa da lavoro, la mia attenzione è stata catturata da un cartellone pubblicitario relativo ad un concerto che si terrà il prossimo 2 settembre all'Arena di Verona.
Da quanto ho capito, nel concerto si esibiranno insieme, ma anche singolarmente presumo, un noto cantautore italiano, Franco Battiato, ed il gruppo americano Antony and the johnsons.
Mi sono domandato allora chi diavolo fossero questi Antony and the johnsons e, dopo una breve indagine, ho scoperto che avevano partecipato addirittura all'ultimo festival di Sanremo in qualità di ospiti stranieri.
Prima o poi dovrò ascoltare qualcosa di questo gruppo, ho detto a me stesso, appena riavutomi dallo shock che mi causa sempre scoprire una falla nella mia cultura musicale (sentivo già qualcuno rimproverarmi: "proprio tu non sai chi sono gli Antony and the johnsons?).
 Alla prima occasione, perciò, ho dovuto tappare la falla, prima che diventasse una voragine...
E quale meraviglia ho provato ascoltando la voce di quest'uomo che risponde al nome di Antony Hegarty, l'anima del gruppo.
Antony è un artista unico, come la sua voce struggente e malinconica, espressione di una personalità musicale profondissima e indefinibile, capace di far entrare l’ascoltatore nella sua sfera più intima e umana, con una naturalezza commovente, che va ben al di la del mero timbro vocale, per quanto eccezionale.
Quest'omone di quasi due metri, dalla corporatura abbondante e generosa, possiede la grazia e lo sguardo di un bambino che si affaccia per la prima volta nel mondo.
La sua voce profonda e fragile spalanca orizzonti che non appartengono a questa terra e chissà da dove arrivano.
Per me è stata una autentica folgorazione e ci tenevo a farvi ascoltare uno dei suoi brani più belli: "cut the word", che insieme all'indimenticabile cover "crazy in love", mi ha più affascinato.
Buon ascolto