martedì 21 giugno 2016

Tappeto di note

Ieri sera mi sono addormentato sopra un tappeto di note.
Si da il caso che dalla finestra della mia stanza si sentano distintamente i concerti inaugurati proprio ieri nell'ambito della rassegna Verona Jazz al teatro romano.
Il concerto di ieri sera, però, era un po' speciale. 
C'era una sola persona sul palco, con una tromba in mano.
Difficile definire anche il genere di musica che faceva.
Qualcuno ha detto a suo riguardo che "volerlo definire, inscatolare in una categoria è la cosa più difficile. Che in partenza sia un trombettista jazz è l’unica sicurezza. Ma da anni la sua attività ha un raggio d’azione talmente ampio che è persino complicato tenergli dietro".
In effetti, le note che uscivano dalla sua tromba sembravano sospese nell'aria: fluttuavano quasi danzando nel cielo chiaro della notte di luna piena, a poche ore dal compimento dell'atteso solstizio d'estate.
Io ero a letto e sono stato circondato, avvolto, permeato da questo tappeto sonoro che sembrava provenire da un altro mondo.
E su questo tappeto mi sono addormentato, quasi mio malgrado, cullato dalle melodie del folletto trombettista. 
Stamane, poi, ho scoperto che il folletto risponde al nome di Paolo Fresu, mai ascoltato in vita mia, ma sono sicuro che mi farà compagnia ancora a lungo quella sensazione di leggerezza che ho provato ieri sera prima di addormentarmi, mentre partivo per il viaggio misterioso che ogni notte mi trasporta verso i meandri più reconditi del mio inconscio più sconosciuto.



martedì 7 giugno 2016

Ricevere amore e perdono senza averli meritati

Si fa un gran parlare di misericordia quest'anno e nessuno si è preoccupato ancora di spiegare che cos'è veramente la misericordia.
La storia che segue credo sia la più adatta a rendere l'idea ed è stata raccontata da una suora americana che l'aveva ascoltata dalla bocca di una consorella polacca presente ai fatti narrati.
Nel lager di Auschwitz in Polonia morirono circa tre milioni di persone, un sesto degli ebrei uccisi durante l’Olocausto, insieme a diversi cristiani e santi come san Massimiliano Kolbe e santa Benedetta dalla Croce (Edith Stein).
Rudolf Höss, soprannominato “l'animale” dai sopravvissuti allo sterminio, nei tre anni di mandato come comandante diresse l’esecuzione di oltre 2 milioni e mezzo di detenuti e assistette alla morte per fame o malattia di un altro mezzo milione.
Finito il suo mandato, supervisionò anche l’esecuzione di 400 mila ebrei ungheresi.
Höss compì un solo atto di umanità.
Un giorno portarono ad Auschwitz «un’intera comunità di gesuiti» tranne il superiore, che quel giorno si trovava lontano dal convento, e questo, il giorno dopo, disperato, volle raggiungere i suoi confratelli intrufolandosi nel campo di concentramento.
Le guardie lo scoprirono e lo portarono da Höss, certi che il comandante avrebbe ordinato la sua esecuzione.
Invece Hoss fece una cosa che non aveva mai fatto: liberò il sacerdote, lasciando le guardie sconcertate.

Quando la guerra finì Höss fu arrestato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. Ma l’ex comandante non era terrorizzato tanto dalla morte quanto dalla detenzione, convinto che le guardie polacche si sarebbero vendicate «torturandolo per tutto il tempo della prigionia e provocandogli una pena inimmaginabile».
La sua sorpresa fu quindi enorme quando vide che "uomini le cui mogli, figlie e figli, erano stati uccisi ad Aushwitz, lo trattavano invece con dignità".
Non riusciva a farsene una ragione.
Secondo le suore fu quello il momento della conversione: quello della misericordia, che è «l’amore che non meritiamo».
Sì, «non meritava il loro perdono, bontà, gentilezza. Eppure li ricevette tutti».

Höss, cresciuto in quella fede cattolica che poi abbandonò in gioventù, chiese di potersi confessare.
Le guardie provarono a cercare un sacerdote disponibile, ma «le ferite ancora molto vive» non resero facile trovare chi «volesse ascoltare la sua confessione».
E infatti «non trovarono nessuno».
L’ex comandante si ricordò improvvisamente di quel gesuita, padre Wladyslaw Lohn, che aveva risparmiato anni prima.
Supplicò le guardie di cercarlo.
Il gesuita, rintracciato proprio nel santuario della Divina misericordia di Cracovia, dove era diventato cappellano delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, accettò di confessare Höss.

La confessione «durò molto a lungo, finché non gli diede l’assoluzione: “Ti sono perdonati i tuoi peccati. Rudolf Hoss Vai in pace».
Il giorno successivo, prima dell’esecuzione, il gesuita tornò per dare la Comunione al condannato.
La guardia che era presente confessò poi che quello fu uno dei momenti più belli della sua vita: «Vedere quell’animale in ginocchio, con le lacrime agli occhi, come un bambino che sta per ricevere la Prima Comunione, Gesù, con il cuore».