Quand'ero ragazzo andavo
a messa tutte le domeniche ma non vedevo l’ora che finisse; la parola più dolce
era per me sempre quella conclusiva: ”la messa è finita, andate in pace”, perché mi restituiva alla libertà.
Un
giorno una frase del sacerdote durante l’omelia frantumò ogni mia certezza:
“quando io dico ‘la messa è finita’, la messa in realtà comincia!”
Quelle
parole mi mandarono in crisi.
Dove
sarei scappato adesso?
Se
la messa era sempre e dovunque, non potevo più nascondermi da nessuna parte:
Dio mi avrebbe sempre trovato; non ci sarebbe stato più alcun luogo o
circostanza in cui avrei potuto tenere Dio fuori dalla porta e chiudermi
dentro a chiave.
Poi col tempo ho capito che non dovevo aver paura di far entrare Dio nella mia vita.
La
verità è che ogni uomo è un sacerdote e il suo altare è il mondo.
La
vita, poi, non è altro che la materia della nostra offerta: siamo chiamati ogni
giorno ad offrirci sull’altare del mondo.
Quante volte dobbiamo sacrificare una parte di noi stessi, dei nostri affetti, dei nostri sentimenti, in favore di un bene più grande.
Siamo
tutti pecore e pastori che continuamente ricevono offerte di beni sacrificati
per noi da altre persone sull’altare della loro vita e a noi tocca ricambiare
con la stessa generosità.
Il
mondo e l’intero universo si reggono solo grazie a questo misterioso scambio di
offerte sacrificali che permette all’Amore di germogliare nel cuore dell’uomo.