sabato 27 maggio 2017

l'altare della vita


Quand'ero ragazzo andavo a messa tutte le domeniche ma non vedevo l’ora che finisse; la parola più dolce era per me sempre quella conclusiva: ”la messa è finita, andate in pace”, perché mi restituiva alla libertà. 
Un giorno una frase del sacerdote durante l’omelia frantumò ogni mia certezza: “quando io dico ‘la messa è finita’, la messa in realtà comincia!” 
Quelle parole mi mandarono in crisi. 
Dove sarei scappato adesso? 
Se la messa era sempre e dovunque, non potevo più nascondermi da nessuna parte: Dio mi avrebbe sempre trovato; non ci sarebbe stato più alcun luogo o circostanza in cui avrei potuto tenere Dio fuori dalla porta e chiudermi dentro a chiave.
Poi col tempo ho capito che non dovevo aver paura di far entrare Dio nella mia vita. 
La verità è che ogni uomo è un sacerdote e il suo altare è il mondo. 
La vita, poi, non è altro che la materia della nostra offerta: siamo chiamati ogni giorno ad offrirci sull’altare del mondo. 
Quante volte dobbiamo sacrificare una parte di noi stessi, dei nostri affetti, dei nostri sentimenti, in favore di un bene più grande. 
Siamo tutti pecore e pastori che continuamente ricevono offerte di beni sacrificati per noi da altre persone sull’altare della loro vita e a noi tocca ricambiare con la stessa generosità. 
Il mondo e l’intero universo si reggono solo grazie a questo misterioso scambio di offerte sacrificali che permette all’Amore di germogliare nel cuore dell’uomo.

venerdì 12 maggio 2017

potenza del sacrificio

Nel 1950 un giovane sacerdote tedesco sta tornando in bici da un pellegrinaggio fatto a Roma.
Prima di rientrare in Germania, su richiesta del suo padre spirituale, si reca a fare visita ad un convento di suore, presso il quale non era mai stato, con l'incarico di chiedere di una certa suor Veronika.
Bisogna premettere che il giovane era arrivato al sacerdozio attraverso circostanze molto rocambolesche e per certi versi incredibili, basti ricordare soltanto che, quando era già seminarista, fu arruolato nelle S.S. e alla fine della guerra accusato ingiustamente di essere un criminale nazista; per questo condotto davanti al plotone d'esecuzione dai francesi e, un attimo prima della fucilazione, salvato da un capitano appena giunto sul luogo che lo scagionava da tutte le accuse.
Ma torniamo alla porta del convento.
Quando suona il campanello, e pronuncia il suo nome, la suora che lo accoglie emette un grido di gioia, lasciandolo lì in piedi per andare a chiamare la superiora, la quale appena giunta si rallegra anch'ella di vederlo, dicendo che lo stavano aspettando da molti anni.
Il sacerdote replica che si tratta senz'altro di un equivoco, perché non aveva mai avuto contatti con quel convento. Ma la madre sorride dicendo: "venga, la prego, e vedrà quale contatto esiste tra questo convento e lei".
Lo condusse in infermeria, dove alloggiava suor Veronika, una donna molto anziana e malata: il suo volto era segnato da molta sofferenza, ma splendeva di una gioia luminosa.
"Quando ero ancora una giovane suora", cominciò a dire l'inferma, "il suo padre spirituale venne un giorno a predicare gli esercizi in questo convento e ci raccontò di una famiglia con molti bambini, allora erano undici; tra questi ce n'era uno che certamente sarebbe potuto diventare sacerdote, ma bisognava superare molte difficoltà affinché questo sogno si potesse avverare.
Chiese se una suora fosse disposta a sacrificarsi per il ragazzo e mi feci avanti io, con il consenso della superiora. Allora il padre mi condusse in cappella dove offrì al cuore sacerdotale di Gesù tutti i miei futuri sacrifici e sofferenze.
Fino ad allora non mi ero mai ammalata, ma pochi giorni dopo la mia promessa, fui costretta a mettermi a letto e per vent'anni non mi sono più alzata.
Che gioia provai quando venni a sapere che il Signore aveva accettato la mia offerta e quel ragazzo era diventato sacerdote.
Da allora ho pregato affinché prima di morire io potessi vedere il frutto dei miei sacrifici.
Quanto è buono Iddio che oggi ha esaudito la mia preghiera".
Il sacerdote allora cominciò a piangere, adesso comprendeva perché il Signore lo aveva condotto così in fretta al sacerdozio, addirittura prima di completare gli studi teologici, per espressa richiesta del Papa, Pio XII.
tratto dal libro: "Missione S.S.", autobiografia di Gereon Goldman.

martedì 2 maggio 2017

maggio si' tu...


Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle

Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo

Mi riconosco
immagine
passeggera

Presa in un giro
immortale

quale essere sente più nostalgia di chi crede?

Giuseppe Ungaretti