E' un modo informale e non tecnico per definire una strana condizione mentale. Quella di chi, avendo ottenuto ampi e ripetuti riconoscimenti del proprio valore e una (meritata) dose di successo, di quel successo si sente indegno o immeritevole. E continua a sentirsi così nonostante ogni oggettiva evidenza contraria.
Soffrono di sindrome dell’impostore scrittori e musicisti, uomini d’affari, professionisti. Le donne, specie quelle che ottengono buoni risultati in ambienti di lavoro prettamente maschili, ne soffrono più degli uomini.
Ma nessuno è immune, e anche se il fenomeno è stato identificato per la prima volta negli anni Settanta, gli psicologi dicono che sembra essere sempre più diffuso nel mondo odierno, ipercompetitivo ed economicamente insicuro.
Aggiungo che l’aggressività diffusa in rete contro chiunque, per qualsiasi motivo, abbia conquistato una dose di visibilità non semplifica certo le cose.
Il fatto curioso è che conseguire nuovi risultati positivi, guadagnarsi ulteriori riconoscimenti, far carriera o acquisire nuove conoscenze non sembra migliorare lo stato d’animo.
Anzi: il senso di inadeguatezza può anche crescere.
Le cause sono facilmente intuibili: teme di non essere all’altezza delle attese o della percezione altrui chi è più portato all’introspezione e al pensiero critico (e autocritico). Chi per motivi di educazione o semplicemente di stile trova imbarazzante pavoneggiarsi. Oppure chi ha la (fondata, sana e realistica) consapevolezza di poter sbagliare, e si trova a confronto con persone che, almeno in apparenza, sono del tutto certe di essere nel giusto. Infine, chi ha un forte senso del dovere, e del dover corrispondere alle aspettative sempre, e magari superandole.
Un discreto modo per gestire il disagio è dirsi che le persone di cui conviene davvero diffidare sono proprio quelle che, non avendo mai coltivato il minimo dubbio su se stesse, non hanno mai nemmeno sperimentato la sindrome dell’impostore. E sono (ovviamente senza rendersene conto) intrappolate in un bias (una trappola cognitiva) assai più pericoloso.
Beati gli incompetenti? Le persone davvero incompetenti, e proprio perché sono incompetenti, non si rendono conto dei propri limiti ed errori. E nemmeno delle effettive capacità degli altri. Dunque, dunque tendono costantemente a sovrastimare le proprie prestazioni.
Per molti versi, la sindrome dell’impostore è il fenomeno speculare: del resto il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio (William Shakespeare).
Qualche consiglio sensato e opportuno per convivere con la sindrome dell’impostore, se per caso ne soffrite. Per esempio, dovreste notare che momenti di fiducia ed entusiasmo possono naturalmente alternarsi a momenti di dubbio: sono condizioni temporanee, e la cosa migliore da fare è godersi i momenti di fiducia (finché continuano) e ricordare che quelli di sfiducia sono passeggeri.
Inoltre, dovreste imparare ad accettare i complimenti, controllando la reazione automatica a diminuirli (è stata solo questione di fortuna… non capisco come mai ce l’ho fatta… oh, no, non ho combinato niente di speciale…). Un “grazie” di cuore basta e avanza, ed è più sano.
E poi: dovreste convincervi che fare meglio in assoluto è un obiettivo irrealistico. Più sensato proporvi di fare al vostro meglio quel che c’è da fare.
Infine: ogni tanto, val la pena di ripercorrere la vostra storia, magari anche scrivendola, e ricordando la fatica, l’impegno (e i fallimenti) che hanno preceduto i successi ottenuti. Anche parlare con le altre persone aiuta. Potreste perfino scoprire che proprio quelle che apprezzate e stimate di più soffrono, a loro volta, della sindrome dell’impostore.
Annamaria testa (nuovoeutile.it)
Come mai mi ci ritrovo così tanto???