mercoledì 15 febbraio 2017

consolare

Non avevo mai riflettuto sull'etimologia di questo vocabolo.
C'è qualcuno che la mette in relazione con il concetto di solitudine.
«Consolare» significherebbe perciò sostanzialmente «stare con uno che è solo».
L'idea è suggestiva perché individua la radice del malessere contemporaneo: la tristezza e il dolore dell'uomo "moderno" nasce proprio dal sentirsi solo, privo di una presenza che riscaldi, di una mano che accarezzi, di una parola che spezzi il silenzio e le lacrime.
Non per nulla la parola «desolato» significa in radice «essere solo» pienamente.
Quello che a me sembra, infatti, è che dopo il peccato originale ogni uomo è solo, e perciò avverte un bisogno profondo di essere consolato, bisogno che se non è rettamente soddisfatto può mandare tutto in rovina.
Aveva ragione il romanziere russo Vladimir Nabokov, quando ha scritto che «la solitudine è il campo da gioco di Satana», ed è per questo che lo Spirito Santo è detto «il Consolatore».
Sarà questo il motivo per il quale mi piace tanto invocarlo con quelle antiche parole così belle:
"vieni Santo Spirito; riempi il cuore; accendi il fuoco del tuo amore; manda il tuo Spirito per una nuova creazione e rinnoverai la faccia della terra". 


venerdì 3 febbraio 2017

sull'amore

L'uomo può accettare se stesso solo se è accettato da qualcun altro.
Ha bisogno dell'esserci dell'altro che gli dice: è bene che tu ci sia.
Solo a partire da un "tu", l'"io" può trovare se stesso.
Solo se è accettato l'"io" può accettare se stesso.
Chi non è amato non può neppure amare se stesso.
Questo essere accolto viene anzitutto dall'altra persona.
Ma ogni accoglienza umana è fragile.
In fin dei conti abbiamo bisogno di un'accoglienza incondizionata.
Solo se mi sento accolto da Dio so definitivamente che io sono voluto.
Ho un compito nella storia. 
Sono accettato.
Sono amato.

J. Pieper, sull'Amore


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