venerdì 30 novembre 2012

Tangerine Dream

Se la vita è un viaggio, non c’è viaggio che si rispetti senza una degna colonna sonora: straordinaria è la capacità della musica di spalancare orizzonti ed evocare ricordi ed emozioni. Ho sempre avuto un rapporto molto speciale con la musica: essa è stata per me compagna di viaggio inseparabile, ed io le sono stato instancabile apostolo e ben presto ho sviluppato una sensibilità musicale fuori dal comune, al punto che riesco a cogliere al primo ascolto l’originalità dell’intuizione creativa di un artista. Quando mi imbattevo in un disco veramente bello, poi, non resistevo alla tentazione di farlo ascoltare subito ai miei amici, perché il bene ed il bello sono per loro intima natura comunicativi: quanti dischi ho registrato agli altri per puro desiderio di diffondere una cosa bella, illudendomi in tal modo di stare in qualche modo contribuendo a rendere più bello il mondo stesso. Sarebbe chiaramente inutile fare ora una classifica personale dei miei dischi preferiti, mi limito soltanto a dire che alla classica domanda “Beatles o Rolling Stones?”; rispondo tranquillamente Pink Floyd e Genesis. Ricordo un episodio che la dice lunga sulla profondità della mia passione musicale. Quand’ero ancora ragazzo provavo una particolare soddisfazione a riconoscere l’impronta di un’artista sin dai primi attimi di ascolto ed una volta un amico, per mettermi alla prova, andò a cercare un disco sconosciuto di un gruppo sconosciuto e me lo fece ascoltare. Alla fine del disco mi chiese a chi appartenesse quella musica ed io, che non avevo mai sentito prima né il disco né il relativo complesso musicale (per di più si trattava di una musica solo strumentale, per cui era impossibile stabilire anche la nazionalità degli autori), azzardai un nome tra le centinaia possibili. L’amico mi guardò sconcertato ed incredulo e rimase senza parole: si trattava di musicisti tedeschi ed il loro nome era Tangerine Dream ed io l’avevo azzeccato al primo colpo.

mercoledì 21 novembre 2012

Long hard road

Perchè certi giorni facciamo tanta fatica ad accettarci così come siamo?
Vorremmo essere tutto tranne noi stessi...



giovedì 15 novembre 2012

la piccola bambina

E quel che è facile e istintivo è disperare ed è la grande tentazione.
La piccola speranza avanza fra le due sorelle maggiori e su di lei nessuno volge lo sguardo.
Sulla via della salvezza, sulla via carnale, sulla via accidentata della salvezza, sulla strada interminabile, sulla strada fra le sue due sorelle la piccola speranza. Avanza.
Fra le due sorelle maggiori. Quella che è sposata. E quella che è madre.
E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorelle maggiori. La prima e l'ultima. Che badano alle cose più urgenti. Al tempo presente. All'attimo momentaneo che passa.
Il popolo cristiano non vede che le due sorelle maggiori, non ha occhi che per le due sorelle maggiori.
Quella a destra e quella a sinistra. E quasi non vede quella ch'è al centro.
La piccola, quella che va ancora a scuola. E che cammina. Persa fra le gonne delle sorelle.
E ama credere che sono le due grandi a portarsi dietro la piccola per mano. Al centro. Fra loro due.
Per farle fare questa strada accidentata della salvezza.
Ciechi che sono a non veder invece Che è lei al centro a spinger le due sorelle maggiori.
E che senza di lei loro non sarebbero nulla. Se non due donne avanti negli anni.
Due donne d'una certa età. Sciupate dalla vita.
È lei, questa piccola, che spinge avanti ogni cosa.
Perché la Fede non vede se non ciò che è. E lei, lei vede ciò che sarà.
La Carità non ama se non ciò che è. E lei, lei ama ciò che sarà.
La Fede vede ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità.
La Speranza vede ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro della stessa eternità.
La Carità ama ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. Dio e il prossimo.
Così come la Fede vede. Dio e la creazione. Ma la Speranza ama ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro dell'eternità. La Speranza vede quel che non è ancora e che sarà.
Ama quel che non è ancora e che sarà. Nel futuro del tempo e dell'eternità.
Sul sentiero in salita, sabbioso, disagevole. Sulla strada in salita.
Trascinata, aggrappata alle braccia delle due sorelle maggiori, Che la tengono per mano,
La piccola speranza. Avanza. E in mezzo alle due sorelle maggiori sembra lasciarsi tirare.
Come una bambina che non abbia la forza di camminare.
E venga trascinata su questa strada contro la sua volontà.
Mentre è lei a far camminar le altre due. E a trascinarle, E a far camminare tutti quanti, E a trascinarli.
Perché si lavora sempre solo per i bambini.
E le due grandi camminan solo per la piccola.

Charles Péguy            da   "Il portico del mistero della seconda virtù"

martedì 6 novembre 2012

infinito

Ci si perde per noia.
Pur di uscire dall'apparente grigiore della vita quotidiana, molta gente è disposta a concedersi le evasioni più sfrenate e disumanizzanti.
Cerchiamo di riempire con qualsiasi cosa questo vuoto che sentiamo nell'anima e che, purtroppo o per fortuna, nessun bene creato su questa terra può soddisfare. Il nostro cuore è stato creato per il bene infinito e, pertanto, tutto ciò che è finito non lo appaga se non per breve tempo.
Da ragazzo la felicità per me era rappresentata da una distesa di terreno, un pallone da calcio e due squadre di giocatori: avrei passato l'intera vita a giocare all'aria aperta.
I miei amici, tuttavia, dopo una partita o due si stancavano e se ne tornavano a casa: rimanevo spesso da solo in mezzo al campo a rincorrere il mio sogno di felicità e non riuscivo a capire come mai gli altri ragazzi non comprendessero il mio desiderio di gioia infinita.
Una volta cresciuto ho cercato di colmare questo desiderio d'infinito mediante il contatto con la natura, attraverso la quale mi riesce più facile percepire il mistero della vita e del mondo.
La semplice bellezza dell'universo comunica in qualche modo l'immagine del creatore: ci sono persone che arrivano a Dio attraverso la speculazione filosofica e la ragione; altre ci arrivano prima attraverso la contemplazione della natura nella quale colgono l'impronta del creatore.
Io credo di appartenere alla seconda categoria: quando mi trovo immerso nella natura l'esistenza di Dio diventa per me evidente.
Se giungessimo a comprendere realmente a cosa anela la nostra anima smetteremmo di abbeverarci alle pozzanghere. Il vuoto impresso nel nostro cuore, che troppo spesso consideriamo una disgrazia e che può condurci talvolta alla disperazione, può diventare invece una grazia indispensabile per la salvezza.
Può condurci alla comprensione di ciò che realmente siamo: creature dipendenti in tutto e per tutto da Colui che questo vuoto ha stampato nella nostra anima proprio perché non dimenticassimo mai il nostro destino eterno, anzi lo desiderassimo ardentemente e con tutte le nostre forze.