Le riflessioni sulle differenze tra nord e sud che tanto impazzano in questi giorni al cinema e in televisione mi hanno fatto pensare a quale sia davvero il nocciolo della questione.
Nell’ultima commedia scritta da Eduardo, “Gli esami non finiscono mai”, senz’altro una delle più amare del repertorio del grande autore, ad un certo punto si assiste al dialogo tra i due principali personaggi femminili: Gigliola e Bonaria, rispettivamente moglie ed amante di Guglielmo, protagonista del racconto.
Bonaria, forse per giustificare l’immoralità della sua situazione, racconta l’infanzia difficile che ha vissuto nella famiglia di origine, immersa in una povertà materiale e morale davvero desolante, e descrive a Gigliola, signora dell’alta borghesia napoletana, come la madre la costringesse sin da bambina a sottostare alle attenzioni morbose dei suoi “amici” occasionali.
Alla fine del racconto, Bonaria, per sottolineare la differenza abissale che separa il mondo da cui ella proviene da quello, ben più rassicurante, di provenienza della rivale Gigliola, utilizza un’espressione che sintetizza in maniera geniale lo spirito di un intero popolo: “Quelli come voi sanno quello che vogliono; noi sappiamo soltanto quello che non vogliamo”.
Lo stato di necessità che ha caratterizzato per secoli la vita del popolo meridionale ha impresso nella mentalità della gente la spiccata propensione a procurare che la giornata di oggi sia migliore di quella di ieri, ma gli ha impedito di guardare più in là delle 24 ore.
In altre parole, si potrebbe esprimere meglio il concetto dicendo che noi “terroni” non siamo capaci di progettare il futuro perché troppo impegnati a sopravvivere nel presente.
Questo retaggio culturale ce lo trasciniamo dietro ancora oggi, nonostante siano mutate le condizioni storiche ed in parte anche quelle economiche nelle quali è maturato.
Tale mentalità presenta indubbiamente aspetti positivi e negativi allo stesso tempo.
Evitando inutili generalizzazioni che potrebbero essere smentite da svariate eccezioni, si può dire che gli aspetti negativi della “mentalità da sopravvivenza” possono intravedersi nella più o meno accentuata incapacità di perseguire obiettivi di medio e lungo periodo: siamo capaci soltanto di pianificare il raggiungimento di obiettivi di breve scadenza.
Sin da ragazzo non ho mai saputo cosa avrei fatto da grande; certo, avvertivo alcune inclinazioni caratteriali e, soprattutto, incontravo difficoltà e ostacoli, che mi hanno indirizzato verso un certo tipo di studi anzicché altri, ma da qui a comprendere o, meglio, pianificare il mio futuro professionale ce ne correva.
Quando ero al liceo l’unico mio obiettivo era conseguire il diploma ed uscire indenne da un ciclo di studi molto impegnativo.
Una volta all’università l’unica mia preoccupazione era quella di laurearmi più o meno dignitosamente, senza la più pallida idea di cosa avrei fatto per guadagnarmi da vivere.
Il rischio di una scarsa capacità di progettare il futuro è quello di trovarsi a quarant’anni senza sapere bene cosa si farà da grande.
È il rischio di non “stare” mai veramente in quello che fai e avere la sensazione di operare sempre scelte provvisorie.
E badate che non si tratta di incapacità di assumere decisioni definitive o compiere scelte durature, quanto piuttosto di una vera e propria impossibilità di preoccuparsi del futuro.
Vivere il presente senza preoccuparsi troppo del futuro può rendere notevolmente più gradevole una vita in cui troppe sono le preoccupazioni inutili che spesso ci tolgono la serenità per pensare alle cose che veramente contano.
Gli aspetti positivi della mentalità esaminata sono, infatti, altrettanto consistenti.
“Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”.
La maggior parte delle nostre preoccupazioni non ha ragion d’essere. Molti problemi che ci assillano, e che riguardano il futuro della nostra esistenza, non arriveranno mai sul nostro tavolo poiché, se riusciamo a mettere ordine nelle nostre preoccupazioni e li affrontiamo a tempo debito, si risolveranno da soli.
Ad una mamma che aveva osato avere nove figli, una donna domandò in tono di rimprovero: “ma come ha fatto signora ad avere tutti questi figli?”. “Uno alla volta” rispose saggiamente la prima.
Se cerchiamo di risolvere i problemi uno alla volta ne guadagneremo tanto in serenità e riusciremo a trovare tempo prezioso per pensare a tante altre cose che ci stanno a cuore.
Nel lavoro, poi, l’ordine nelle preoccupazioni è fondamentale per sopravvivere: se, infatti, abbiamo sulla scrivania tutte le pratiche da sbrigare per i prossimi dodici mesi, facilmente ci faremo prendere dall’angoscia; viceversa, se tiriamo fuori un fascicolo alla volta, quello più urgente, lavoreremo con molta più tranquillità e ci accorgeremo che molte di quelle pratiche che tanto ci spaventavano, se le esaminiamo a tempo debito, perderanno gran parte della difficoltà che ci incuteva tanto timore.
E non si tratta di essere imprevidenti, ma semplicemente di evitare le preoccupazioni inutili.
La stragrande maggioranza delle persone, peraltro, è angosciata da problemi assolutamente inconsistenti: possediamo un po’ tutti la tendenza a ricordare soltanto le cose che abbiamo fatto male, ad avere presente solo i nostri difetti ed i fallimenti che ci hanno accompagnato nella vita trascorsa; dimentichiamo, invece, molto in fretta le cose buone che abbiamo realizzato, i successi conseguiti ed i pregi del nostro carattere.
Dovremmo tutti imparare a valorizzare ogni giorno i lati positivi della nostra vita, che sono tanti, anziché ingigantire quelli negativi, che ci sembrano numerosi ma sono in realtà molto meno di quanto appaiano.
La visione pessimistica delle cose, infatti, tende a deformare la realtà, rendendola molto peggiore di quanto non sia effettivamente.
L’esperienza insegna che se assecondiamo tale pessimismo arriveremo a perdere il gusto delle cose più piacevoli della vita.
Ci sono purtroppo molte persone che non riescono a gioire più di niente e provano quasi un piacere sottile a trovare sempre cose che non vanno in ogni situazione anche piacevole della loro vita; la loro anima sembra trovare consolazione soltanto quando si scopre vittima di qualcosa o di qualcuno.
E’ lo stato d’animo descritto molto bene da Dostoevskij nel libro “Umiliati ed offesi”, e che almeno una volta nella vita ognuno di noi ha provato quando si è sentito offendere ingiustamente o si è visto bersaglio privilegiato della sfortuna.
E’ il piacere che si prova a scoprirsi “qualcuno” almeno nella sfiga, magra consolazione a cui talvolta ci si aggrappa per conquistare a tutti i costi l’attenzione degli altri.
La vita è molto più bella ed affascinante di quello che sembra e, spesso, sono gli occhiali con cui la guardiamo che sono inadeguati.