Mi incoraggia molto considerare la vocazione dei primi dodici.
Quei primi apostoli, per i quali ho grande devozione e
affetto, se li giudichiamo secondo i criteri umani erano ben poca cosa.
Non erano colti, e neppure molto intelligenti, almeno per ciò
che si riferisce alla comprensione delle realtà soprannaturali. Perfino gli
esempi e i paragoni più semplici risultavano loro incomprensibili e dovevano
ricorrere al Maestro: Signore,
spiegaci la parabola. Quando Gesù con una metafora allude al lievito dei
farisei, credono che li stia rimproverando per non aver comprato del pane.
Sono poveri e ignoranti. Tuttavia non sono né semplici né
schietti. Pur nella loro ristrettezza di vedute, sono ambiziosi. Li troviamo
più volte a discutere su chi sarà il maggiore quando Gesù — secondo la loro
mentalità — avrà instaurato sulla terra il regno definitivo di Israele.
Discutono e si accalorano nel momento sublime in cui Gesù sta per immolarsi per
l'umanità: nel raccoglimento del cenacolo.
Di fede ne hanno poca. Gesù stesso lo afferma. Eppure lo
hanno visto risuscitare i morti, guarire ogni genere di malattia, moltiplicare
il pane e i pesci, placare le tempeste, scacciare i demoni.
Questi uomini di poca fede eccellevano forse nell'amare Gesù? Lo amavano, senza dubbio, almeno a parole. Però nel momento della prova fuggono tutti, tranne Giovanni che amava veramente, con le opere.
Erano questi i discepoli scelti dal Signore: tali apparivano prima che, ripieni di Spirito Santo, diventassero colonne della Chiesa.
Sono uomini comuni, con i loro difetti, le loro debolezze, la parola più lunga delle opere.
E tuttavia Gesù li chiama per farne dei pescatori di uomini.
San Josemaria Escrivà, E’ Gesù che passa: la vocazione
cristiana