giovedì 20 novembre 2014

Superbia vitae

Qualche giorno fa un sedicente medico e scienziato italiano, direttore di un famoso istituto per la cura dei tumori di Milano, si è lasciato andare ad una di quelle affermazioni alle quali certi giornali del belpaese danno uno smisurato risalto, quasi fossero perle di rarissima saggezza.
Niente di nuovo sotto il sole ovviamente, perchè il nostro luminare ha soltanto rispolverato un vecchio ritornello già in auge da vari decenni, e tanto caro ad una certa intellighenzia razionalista e atea.  Insomma, il noto professore ha dichiarato che
 "il cancro, come Auschwtiz, è la prova che Dio non esiste"!!!
Come i più attenti sanno, infatti, il problema del male è sempre stato uno degli argomenti più spinosi posti contro l’esistenza di Dio: il male c’è allora Dio non esiste, e Auschwtiz rappresenta un’apoteosi di questo male.
Come ha ricordato un acuto pensatore (Robert Cheaib, fonte "theologhia"), proprio in risposta all'esternazione dell'esimio professore, la prospettiva può essere però tranquillamente rovesciata:
il male c’è allora Dio esiste.
Innanzitutto, a proposito di Auschwitz, ricorda che tanti sopravvissuti ai campi di concentramento, ebrei e non, dicono giustamente che la vera domanda non è: «Dov’era Dio?», ma «Dov’era l’uomo?».
Chiedersi dov’era Dio è chiudere un occhio sulla responsabilità dell’uomo che ha operato quel grande male e dell’uomo che ha acconsentito tacendo.
Non erano certo gli angeli a torturare la gente ad Auschwitz. Era l’uomo – umano, troppo umano (o troppo poco umano) – che uccideva suo fratello!!!
Il problema, allora, è la libertà, la quale, come ricordavo in un vecchio post (l'amore si nutre di liberta) è il presupposto indispensabile dell'amore.
Dio ci ha creati liberi perchè desidera, come ciascuno di noi, essere amato liberamente e non per forza; facendo questo ha corso però un rischio tremendo, e cioè che le sue creature potessero scegliere l'odio anzicchè l'amore.
Per questo siamo liberi di fare il bene o il male, e ce ne dobbiamo assumere tutta la responsabilità, perchè è troppo comodo scaricarla su Dio.
Ma il cancro, qualcuno obietterà, è un male diverso.
E ha ragione! Fino a un certo punto, però!
Perché talvolta non si vuole ricordare quanta responsabilità abbiamo noi nella tragica crescita e diffusione del cancro.
È il giocare sporco con la natura che ci fa rovesciare addosso le sue reazioni, perché Dio – se esiste – perdona, la natura no!!!
Ma Robert Cheaib invita ancora a riflettere su una cosa: se tutti fossimo ciechi nati, non ci sarebbe la sensazione che ci manchi qualcosa. La cecità sarebbe la normalità. Avvertiamo invece la cecità come un problema proprio perché esiste l’occhio, la visione.
Nella nostra esperienza del male, percepiamo una mancanza, un’imperfezione che porta in sé la “perfezione”.
In questo senso si potrebbe dire che se non ci fosse il bene, non ci sarebbe il male.
Percepiamo il peso del male nelle sue diverse forme perché c’è un bene che ci fa percepire la deficienza della situazione in cui versiamo.
Se non ci fosse quel bene, non sentiremmo quella mancanza.
Fatto sta, però, che dentro di noi sussiste un richiamo “naturale” a una pienezza che ci interpella continuamente, un desiderio, un “cuore inquieto” che desidera il bene, il bello, il vero, nel grado sommo e ogni realtà che va contro questo lo sentiamo come stonatura.
Se non ci fosse un’impronta del Bene, il male non sarebbe male, sarebbe una parte della natura che segue le sue leggi senza suscitare in noi alcuna reazione.
Alle parole (illuminate) di Cheaib, aggiungo soltanto una piccola storiella (vera, peraltro), per coloro che dopotutto potrebbero sempre obiettare: ma se Dio esiste perchè non interviene?
Anzitutto confesso che una simile domanda non rivela certo un grande acume intellettuale da parte di chi la pone, che si mette quasi alla pari con coloro che pretendono di dettare l'agenda degli appuntamenti o delle cose da fare al Padreterno, quasi fossero loro ad aver creato gli oceani e le montagne e Dio fosse solo un esecutore dei loro comandi, quantomai razionalisti e lungimiranti.
Ma veniamo alla storiella.
Un po' di tempo fa un amico mi confidò che sua mamma un giorno cominciò ad avvertire qualcosa di strano al seno; avendo disponibilità e mezzi, chiese ed ottenne un appuntamento con il noto professore di Milano, già allora riconosciuto luminare in campo oncologico.
Il professore, che probabilmente aveva potuto racimolare soltanto pochi minuti dalla sua fittissima agenda, la visitò piuttosto velocemente e le assicurò che non c'era nessun problema di cui preoccuparsi.
Qualche mese dopo, la signora continuava ad avvertire fastidi al seno e, per scrupolo, si sottopose ad altra visita, questa volta da un medico qualunque, le cui esternazioni probabilmente non finiranno mai sui giornali, il quale le consigliò subito esami radiologici approfonditi che, purtroppo, rivelarono l'esistenza di un tumore maligno, per fortuna non ancora diffuso, circostanza che ne consentì l'asportazione in tempi rapidi.
La morale della storiella, allora, può essere la seguente: se la signora non avesse avuto quello scrupolo ma si fosse fidata ciecamente dell'insigne professore, a quest'ora sarebbe già da molti anni all'altro mondo, e forse la carriera del luminare sarebbe stata stroncata dal banale incidente di percorso.
Allora io mi chiedo: Dio è intervenuto per suscitare quello scrupolo nella signora o per salvare la carriera all'illustre professore?





giovedì 6 novembre 2014

Lettera a un bambino mai nato

Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla.
Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi.
È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata.
Mi si è fermato il cuore.
E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante.
Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo.
Cerca di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri.
Non è paura di Dio. Io non credo in Dio.
Non è paura del dolore. Io non temo il dolore.
E' paura di te.
Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato.
Mi sono sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse?
E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando "chi ti ha chiesto di mettermi al mondo?"
La vita è una tale fatica bambino.
Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio?
Non puoi mica parlarmi.
La tua goccia di vita è soltanto un nodo di cellule appena iniziate.
Eppure darei tanto perchè tu potessi aiutarmi con un cenno, un indizio.
Molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perché?
Perchè abbia fame, perchè abbia freddo, perchè venga tradito ed offeso, perchè muoia ammazzato alla guerra o da una malattia?
E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra.
Forse hanno ragione loro.
Ma il niente è da preferirsi al soffrire?
Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.
E se allargo questo alla vita, al dilemma nascere o non nascere, finisco con l'esclamare che nascere è meglio di non nascere.
Anche quando sono infelice, penso che mi dispiacerebbe non essere nata perché nulla è peggiore del nulla.                    Oriana Fallaci
Doveroso omaggio alla più grande scrittrice del novecento.