Il dolore è un mistero, abisso in grado di suscitare nell’essere umano due reazioni antitetiche: la repulsione e la solidarietà.
La maggior parte degli uomini manifesta una naturale tendenza al rifiuto della sofferenza, nella convinzione che la felicità consista nell’assenza del dolore.
E’ frustrante assistere al dolore disperato di chi non riesce a cogliere il senso di un malessere che conduce all’isolamento, al rifiuto della vita e, qualche volta, alla follia.
L’esistenza dell’uomo sulla terra è caratterizzata dalla più assoluta finitezza, non solo per il fatto che è destinata a consumarsi nel tempo, ma anche perché è tormentata continuamente da un’inesauribile esigenza di abbeverarsi ad un infinito che le dia senso.
Quando questo nutrimento non riesce più ad alimentare l’anima, allora, la sofferenza genera laceranti conflitti interiori, che si manifestano nel grido disperato di chi si ribella al dolore dopo averne invano cercato la ragione: “Ho ricevuto la vita come una ferita aperta ed ho impedito al suicidio di guarirne la cicatrice. Voglio che il creatore, in ogni istante della sua eternità, ne contempli la lacerazione. E’ il castigo che gli infliggo, non ho meritato questo supplizio” (Lautremont).
Ci sono, al contrario, persone che arrivano ad affrontare il dolore con umiltà e speranza, comprendendo che ogni avvenimento umano possiede una sua intima, e spesso misteriosa, ragion d’essere:
“l’uomo ha delle zone del suo cuore che non esistono ancora e dove il dolore entra perché esse esistano”.
Ogni fenomeno di nascita, crescita e maturazione è accompagnato dal dolore, sentimento al quale è legata in maniera indissolubile la gioia e la felicità: “quanto più in fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere” e “quando siete contenti, guardate in fondo al vostro cuore e scoprirete che ieri avete sofferto per quello che oggi vi rende felici” (Gibran).
Non so spiegare il dolore innocente che ho conosciuto nella mia vita.
Quello che so è che ogni volta che l’ho incontrato sul mio cammino qualcosa dentro di me è cambiato.
E’ questo forse il mistero più grande.
Presso alcune etnie protostoriche, che vivono nel continente oceanico, il dolore è un vero e proprio rituale che porta alla maturità dei giovani uomini. In particolare, vengono inflitti sul volto dei giovani dei tagli profondi, non tanto perché restino dei segni, ma, per l'appunto, perché provino dolore. Mi aveva colpito il fatto che, per provocare più dolore possibile, i coltelli usati fossero appositamente spuntati.
RispondiEliminaQuesto è ovviamente un caso portato all'estremo, ma credo ci sia sempre stata la consapevolezza che il dolore porti alla crescita, al cambiamento. Bellissime, e vere, le parole di Gibran.
Un saluto, Giada
grazie Giada: il dolore del mondo suscita anche la capacità di condivisione che tutti, più o meno, possiedono e molta umiltà da parte nostra...
RispondiEliminaIl dolore più difficile da accettare è quello senza spiegazioni, che ci cade addosso in maniera totalmente inaspettata e ingiustificata, anche se non abbiamo fatto niente per meritarcelo.
RispondiEliminain questi casi ci vuole molta umiltà da parte nostra e credere fermamente che anche l'evento più doloroso e inspiegabile ha un senso preciso che forse comprenderemo soltanto in seguito...
RispondiEliminagrazie Ivy
Eh,che argomento hai tirato fuori...
RispondiEliminaIl dolore, fisico o mentale che sia è sempre brutto, credo che in pochi riescano a farsene una ragione o per lo meno ad accettarlo con uno spirito diverso dai lamenti di vario tipo.
Una forma di sollievo potrebbe essere un pensiero per le persone che stanno peggio di noi, quelle meno fortunate.
Forse è un metodo stupido, ma aiuta a sopportarlo di più o comunque ad affrontarlo con un animo diverso
hai ragione Chiara: sia il dolore fisico che quello spirituale non possono essere desiderati; ci sono però molti modi per accettarlo o meno ed è questo che fa la differenza...
RispondiEliminaParlo della mia esperienza, naturalmente. E' stato il dolore ad arricchirmi, non la gioia. La gioia, la felicità sono durate un attimo, sono state intense, ma fugaci. Il dolore mi ha ferito quando mi ha raggiunto e ci sono voluti giorni, quando non anni, prima che la ferita si rimarginasse e il dolore mi lasciasse. Ma ha scavato dentro di me, è penetrato in me ed ha aggiunto qualcosa in più alla mia anima e alla mia mente.
RispondiEliminaL’esperienza del dolore soprattutto quella personale implica un valore soggettivo e non è quantificabile... è assai difficile misurare e valutare un dolore nella sua completezza...
RispondiEliminaUn post molto riflessivo... e citazioni superbe!!!
Ciao Luigi buona settimana e dolce notte... un abbraccio!!!
Il dolore ha il potere di cancellare ciò che di futile alberga nelle menti "leggere". Tanto è vero che arricchisce, quanto è utopico supporre di non doverlo mai provare,fisico o meno che sia, ma speranza presente in ognuno di noi. Esso lacera, trafigge; è la triste prova, tangibile, nel caso di una perdita, della nostra totale impotenza nei confronti di questo "nemico" che mai vorremmo affrontare, ma che la legge naturale ed a volte, la fatalità, ci concede quale avversario caparbio e nulla possiamo.......Inutile chiedersi il perchè, farlo è un alibi, un modo di convincerci che nulla è per caso ma ottenere una motivazione non ci darebbe maggiore forza per sopportarlo. Rassegnazione è il termine più appropriato, riuscire a conquistarla è come illudersi di poter contenere quell'enorme dolore che giorno dopo giorno, anno dopo anno, consuma e che mai potrà essere cancellato...forse in alcuni casi, nemmeno lo vogliamo; è, a mio giudizio , un modo per conservare VIVO il ricordo di chi non abbiamo più : cercare di eluderlo ci farebbe sentire in colpa, ci sembrerebbe di voler allontanare una fonte di amore che in modo coatto si è trasformato in fonte inesauribile di dolore che si affievolisce con il tempo, ma che rimane imprescindibile protagonista dei nostri giorni. Il dolore, fisico o morale, merita un enome rispetto e questo, purtroppo, non sempre, non da tutti gli viene accreditato. Non sono convinta che in assoluto ciò che "ieri" mi ha provocato dolore, "oggi" mi possa regalare gioia...se non nel caso specifico di un dolore fisico...o di un dolore quantomeno minore rispetto a quello di una morte che ritengo possa restituire , con il passare del tempo, una serenità che in quel frangente, crediamo perduta per sempre...lo chiamerei "Mistero della fede"....
RispondiElimina@ Ambra: anch'io in qualche modo ho percorso il tuo stesso cammino e solo con il senno di poi ho compreso il senso di molte sofferenze che mi erano sembrate inspiegabili
RispondiEliminagrazie per la sensibilità!
@ Paola 1: è vero che l'esperienza del dolore non è mai quantificabile, soprattutto dal di fuori, quando cerchiamo di "pesare" il dolore degli altri! Un abbraccio a te
@ Paola 2: molto belle le tue considerazioni e le faccio mie perchè ritengo che accada molto spesso quello che tu descrivi così bene; a volte il dolore ci tira fuori dalla mediocrità in cui ci siamo rintanati e ci costringe a tirare fuori il nostro vero carattere!
E' solo allora che usciamo finalmente dal guscio protetto nel quale talvolta ci rifugiamo per paura di soffrire...
Mamma mia che parole.....come sono vere e come sono sentite. E' vero il dolore è un elemento necessario, è un cambiamento naturale che porta l'individuo ad una conoscenza più consapevole di sè, finchè non si affronta il dolore non possiamo sapere come siamo veramente. Quello che davvero i lascia sgomenta è il dolore altrui, non il mio, il mio lo affronto, lo faccio mio, ci litigo, ci discuto, lo trasformo in rabbia, a volte è un processo lungo ma so che da qualche parte prima o poi mi porterà. Ma il dolore degli altri, il dolore di un bambino, di una persona cara, un dolore acuto, pungente che ti lascia inerme, indifeso, incapace di qualunque reazione perchè ci sono dolori troppo grandi che ti rendono impotenti. Ecco quello è il dolore più difficile da curare. Poi a vlte penso anche che se il dolore aiuta a crescere dovrebbe toccare un pò a tutti perchè sempre agli stessi? Perchè certa gente davanti alla sofferenza si gira indifferente? E' solo la paura di soffrire ad allontanare?Una cosa è certa imparare ad affrontare il dolore è qualcosa di così intimo e personale che se l'aiuto di altri può essere un grande sostegno se non ci sosteniamo da soli non ne usciremo mai veramente da vincitori. Un abbraccio e grazie per questo post, fa riflettere.
RispondiEliminaGrazie Luigi di questo post, è vero il dolore ci arriva per qualche misteriosa ragione, il Creatore lo permetto, perché dopo riusciamo a crescere ed essere migliori. Un abbraccio!
RispondiElimina@ Valentina: sai che scrivendo queste considerazioni pensavo proprio al dolore innocente dei bambini; anni fa ho fatto un viaggio a Fatima dove per alcuni giorni sono stato vicino ad alcuni bambini con varie malattie: è stato il periodo più istruttivo ed arricchente che ho vissuto e la mia vita, da allora, ha subito una svolta radicale.
RispondiEliminaQuei bambini mi hanno dato molto più di quanto abbiano ricevuto.
Credo che questo sia il mistero più grande!
@ Mirta: il Signore permette il dolore sempre per un bene più grande, ma Egli non lo ha voluto; esso è entrato nel mondo per effetto del peccato!
Ti abbraccio anch'io
La felicità è leggerezza, invece il dolore ci costringe a fare i conti con noi stessi, quindi ci fa crescere.
RispondiEliminaAttribuirgli un senso serve a farlo pesare di meno.
Io lo considero un sentimento come un altro, ciò che lo distingue è la causa. C'è un dolore "sano" e un dolore "ingiusto"... e tra i due ci passa un mare. Un saluto Luigi
RispondiEliminaio sono dell'idea che ciò che non uccide fortifica.... non è facile accettare il dolore e tantomeno conviverci, ma non si può fare altro che trovare la chiave per farlo diventare forza e voglia di non mollare.
RispondiEliminaun caro saluto, Federica