martedì 24 giugno 2014

La malattia dei tempi moderni

Non è forse vero che l'uomo propriamente ed originariamente desidera essere felice?
L'uomo, però, deve anche desiderare di essere degno della sua felicità.
L'uomo in fondo non vuole la felicità per se stessa, ma cerca un motivo per essere felice.
Infatti, appena si ha un motivo per essere felice, ecco che la felicità ne viene di conseguenza e con essa il piacere.
L'abbandono di un motivo per essere felice, perciò, impedisce il raggiungimento della felicità.
Ma come avviene tale abbandono?
Attraverso un orientamento forzato verso la felicità e il piacere.
La porta della felicità si apre solo verso l'esterno: chi tenta di forzarla in senso contrario finisce col chiuderla ancora di più.
L'uomo cioè è orientato costantemente alla ricerca e alla realizzazione di un significato, ma anche all'incontro con un altro essere umano: un "tu" da amare.
Quello che accade sempre più frequentemente nell'epoca moderna è il dirottamento di tale tensione primaria verso la ricerca diretta della felicità e del piacere.
Invece di rimanere ciò che deve essere, ossia un effetto (un senso realizzato e un essere umano incontrato), il piacere diviene l'oggetto di un'intenzione forzata: unico contenuto di attenzione.
Ma nella misura in cui ci si preoccupa solo del piacere, si perde di vista il motivo del piacere: in tal modo l'effetto "piacere" non può più sopraggiungere e si è sopraffatti dalla noia, vera malattia dei tempi moderni.
La mancanza di significato della propria esistenza diventa così la prima causa di malessere dell'uomo contemporaneo.
Ai nostri giorni l'uomo non soffre tanto di essere meno capace di un altro, ma piuttosto del fatto che la propria esistenza non ha alcun senso: non riesce a trovare nulla che possa permettergli di riempire il suo vuoto esistenziale.
Nel sottofondo della stessa frustrazione sessuale vi è di fatto un bisogno di significato:
solo in un vuoto esistenziale può lussureggiare la libido sessuale.
Questa noia allora può essere davvero mortale per l'uomo moderno, che si trova improvvisamente senza più un compito da svolgere.
Viviamo in un epoca in cui non si sa più che fare del tempo libero, diventato soltanto un tempo libero da qualcosa e non più un tempo libero per qualcosa.
Ma l'unico modo per sopportare la vita è di avere sempre un compito da svolgere.
E' urgente, perciò, ritrovare il senso perduto e per riuscire in questa impresa occorre non solamente mettere in moto la volontà di significato, ma anche, se essa è stata sepolta, risvegliarla.

Viktor Frankl, La sofferenza di una vita senza senso

5 commenti:

  1. Non sono completamente d'accordo con l'autore di questo interessante articolo o meglio forse estratto da un libro. Non conoscevo l'autore. Mi sembra che i contorni del problema, che certamente esiste, siano stati forzati, vale a dire sono state drammatizzate le dimensioni del fenomeno. Così totale non mi sembra che sia.

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    1. anch'io voglio sperare che non sia già diventata una patologia generalizzata: alcune intuizioni avute da Frankl ormai mezzo secolo fa, però, sono di una attualità sorprendente!!!

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  2. Bello tutto ciò che hai scritto!
    Cerchiamo tutti la felicità, ma spesso neanche sappiamo in cosa consiste. Forse vogliamo solo stare bene e sentirci appagati, ma è la sofferenza che viene prima che forse ci fa gustare meglio ciò che avverrà.
    Mi hai fatto venire in mente un bellissimo film 'La ricerca della felicità" di Muccino, interpretato da un magnifico Will Smith.
    Combattere e non lasciarsi sopraffare dalla noia e dalla frustrazione è molto importante. Grazie per avercelo ricordato con le tue immense parole, ciao Luigi.

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  3. Luigi, questo è un commento al tuo commento
    :)

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