martedì 9 dicembre 2025

Al buffet con la morte

Ieri ci ha lasciati, all'età di 55 anni, Anna Toscano,  una ragazza "fatta di luce, talento, determinazione, generosità e genio", come la definisce il marito. 

Poeta, giornalista, docente, fotografa. Era bravissima in tutto quello che faceva e lo è stata anche nel dialogare con la morte, venuta a trovarla dopo una malattia incurabile.

Nella sua poetica il tema della morte era centrale, come lei stessa scriveva nel libro di poesie "Al buffet con la morte" (La vita felice, 2018):

Quante volte ho pranzato
con la morte stesa sul tavolo
faceva cadere la forchetta a mio padre
rovesciava l’acqua a mia madre,
non ci guardavamo
sapendoli suoi segnali
non la guardavamo
ma il suo alito ci toccava.


Talvolta immagino come sarà per me
immagino di scendere dal letto
infilare le pantofole e
mentre vado al buio
nell’altra stanza
per prendere gli occhiali
una sagoma di luce tenue
l’immagine di mia madre
che mi avvolge.
Ed è finita lì.
Oppure mentre vado al lavoro
salendo un ponte volti
fermi che mi guardano
gradino dopo gradino
volto dopo volto
rallento
scendo il ponte
e lungo la calle
ai lati file di persone che
mi sorridono con tratti noti
occhi bocche nasi ciglia
come uscissero da cornici su mensole
inizio a capire ed ecco
dal fondo avanzare mia nonna
mio nonno mio padre la Maria
mia madre che si stacca dagli altri
per venire verso me
io torno quattrenne e con
le mie scarpette con gli occhi
le corro incontro
lei mi solleva in braccio e
tutto ricomincia, finalmente
tutto diversamente.

O non sarà così,
sarà un attimo e poi niente.

Anna è stata una persona speciale e la sua voce non cesserà mai di illuminarci adesso che si è compiuto il suo più grande desiderio: possedere la sua "eternità, piena di parole, libere".


lunedì 13 ottobre 2025

l'arte di far sbocciare

Se dovessi definire la virtù che più ti rappresenta direi che hai la capacità non comune di vedere in ogni persona quei talenti che nessuno vede e farli sbocciare.

La stessa abilità che manifesti nel far fiorire le piante che tanto ami, e che nelle tue mani risorgono sempre a nuova primavera, l'hai impiegata per far fiorire tutte le persone che ti sono state affidate, molte delle quali erano giudicate senza talento e speranza di progresso, a cominciare dai tuoi alunni che a distanza di anni continuano a nutrire verso di te una profonda riconoscenza e stima.

Tra queste persone mi ci metto anch'io perché se ho combinato qualcosa di buono nella vita lo devo soprattutto a te, che hai creduto in me quando nessuno, neanch'io, ci credeva, apparendo agli occhi di tutti, anche ai miei, come un soggetto davvero patologico.

Ma tu hai saputo guardarmi dentro e vedere quello che nessuno vedeva: mi hai incoraggiato e sostenuto sempre e non solo perché ero tuo figlio, lo hai fatto con tutti: sei riuscita a far sbocciare sempre il meglio da ogn'uno, a valorizzare tutti gli aspetti positivi, spesso pochi, di ogni anima che ricorreva alle tue cure.

Qualche tempo fa ti ho chiesto come immaginavi il paradiso: mi hai risposto che desideravi fosse un giardino fiorito nel quale speravi che il Signore ti collocasse a coltivare i fiori.

Non ti ho mai dedicato un pensiero in questo blog, ci tenevo a farlo oggi che compi 90 anni e spero di potertene dedicare altri anche negli anni a venire: sono sicuro che li trascorrerai con la stessa serenità e gioia con cui hai speso tutta la tua vita.

venerdì 19 settembre 2025

l'eterno bisogno d'amare di un io semplice

Qualche anno fa pubblicai in questo luogo una poesia di un'amica conosciuta attraverso il blog, commentandola così: "questo brano splendido, espressione di sintesi geniale tra poesia e prosa, è tratto dal blog L'isola di E'riu della mia amica Antonella, le cui parole sovente fanno vibrare il mio cuore".

L'amicizia con Antonella Borghini, questo il suo nome completo, è stato uno dei frutti più belli di questo blog perché è maturata nonostante la profonda diversità di vedute emersa spesso su molti temi importanti e che non ha intaccato l'altrettanto profonda stima e rispetto reciproci. 

Per tutti questi motivi quando ho saputo della pubblicazione di una sua silloge di poesie dal titolo molto evocativo per me "Cura della luce", editore Babbomorto, ho subito espresso il desiderio di averla tra le mani ed Antonella, con una gentilezza d'altri tempi, me l'ha fatta recapitare direttamente a casa.

Immaginate la gioia che ho provato leggendo queste poesie, che mi hanno rivelato come i nostri mondi interiori siano molto più convergenti di quanto pensassi. 

Non posso qui riportare tutti i brani che mi hanno toccato: mi limiterò a trascriverne soltanto due, giudicate voi.


Inettitudine alla vita

Fossi la foglia accartocciata

che t'incuriosisce nella forma del suo morire

o solo fossi nascosta fra le cose tue

come quel fiore che hai curato

resterei a memoria

e sarei la tua malinconia del suo sfiorire


Materna e beffarda è la natura 

stordisce di troppo sole e acceca d'azzurro intenso

l'eterno bisogno d'amare di un io semplice

che si consuma incapace a non credere

che ogni linea diventi cerchio

che ogni giustizia abbia un nome

e che ogni compimento si compia

persino il mio


Ultima goccia di linfa

Gravida di semi accenni alla mestizia dell'inverno

e al futuro canto dei tuoi frutti

Sdraita sul tuo ventre

ascolto il cricchiolare delle zolle

le risa dei germogli

e il pianto sterile dei sassi


Madre

trattieni qui i miei passi

nell'umidore sacro del tuo amore

tienimi figlia

foglia tra le foglie

linfa come se di linfa fossi l'ultima tua goccia

e quando il tempo

non sarà più il mio tempo

liberami nel vento

 

venerdì 5 settembre 2025

effetti collaterali

Saranno tutti i farmaci che sto prendendo, fatto sta che sono diventato un esperto di effetti collaterali.

Uno dei più curiosi è quello che mi abbassa il livello di tolleranza degli esseri umani.

Non si tratta semplicemente di sbalzi d'umore ma di vera e propria difficoltà a sopportare la gente.

All'inizio non capivo cosa stesse succedendo, poi ho cominciato a leggere meglio i foglietti illustrativi: non era mia la colpa.

Mi sono anche accorto che la mia soglia di sopportazione era veramente altissima tanto che, nonostante le medicine, rimane ancora sufficiente ad impedirmi di accoppare qualcuno.

I globuli bianchi però sono depressi e fanno fatica a riprodursi.

Non mi sono mai sentito un malato, però, né mi sono mai comportato come tale: ho continuato a fare tutto quello che facevo prima e questo mi ha salvato.

Mi ha aiutato molto pensare che tutto quello che Lui ci manda è sempre il meglio per noi, anche se ci fa soffrire un po'.

Non ho mai perso la gioia di vivere, perciò, e questa è una grande grazia, poiché uno dei principali effetti collaterali del dolore è quello che ti conduce a tagliare i rami superflui, dopo aver sperimentato i tuoi limiti e le tue paure. 

Siamo deboli e fragili ma proprio questa consapevolezza può diventare la nostra forza se ci fa comprendere che la vita non è nelle nostre mani: ci è stata affidata e ci può essere tolta in qualsiasi momento, perciò non sprechiamo il tempo che abbiamo a disposizione, è il luogo della salvezza, poi verrà quello del giudizio. 



martedì 10 giugno 2025

Un altro modo di vincere, e di perdere.

Ma c’era sul volto di quel ragazzo altoatesino, nella sua espressione, qualcosa di bello. Non rabbia, non i pugni chiusi di chi ha mancato per un attimo il traguardo.

Nella delusione una pacatezza, quasi una serenità. Avere perso dopo una lotta estrema, e non manifestare rabbia.

Come se nessuna sconfitta potesse annullare una radicata fiducia in sé; come se l’esito di una partita, o di un esame, insomma un giudizio esteriore su di te, per quanto grande sia la amarezza, non potesse farti perdere l’equilibrio interiore.

È il segno del non dipendere, del non fare dipendere la propria vita dall’esito, dal successo di ciò che si fa.
Mettercela tutta, ma se poi perdi non crolli. Hai dentro una certezza più grande che ti sostiene. Giocherai di nuovo, di nuovo vincerai.
È quello che del resto Carlos Alcaraz, da campione vero, ha detto subito a Sinner, deposti i fioretti: «Sono sicuro che sarai campione, non una volta, ma tante volte. È un privilegio giocare con te».

E nel mondo di sciocchezze e insulti dei social da cui siamo invasi, queste parole meravigliano, davvero. Quei due ci hanno meravigliato davvero. Un altro modo di vincere, e di perdere. 
Chissà se si sono accorti, i milioni di ragazzi che stavano a guardare, di questo altro modo di affrontare l’altro.
E di incassare il “no” di una sconfitta: ciò che – sia il rifiuto di una donna, sia un obiettivo non raggiunto – fa perdere la testa a molti giovani di oggi. Come fossero, dentro, così fragili.
Verrebbe voglia di andare dalla madre e dal padre di Sinner a domandare: come avete fatto.
Non a farne un campione, ma un uomo che incassa una sconfitta così e non strepita.
E resta saldo, sereno, in piedi.
                             Marina Corradi - Avvenire

giovedì 15 maggio 2025

il buon pastore

Però com'è struggente constatare che, al di là delle sofisticherie progressiste e del moderno cinismo, i cuori degli uomini e delle donne sono sempre gli stessi; per cui la morte di un Papa appiccica loro addosso, loro malgrado, un confuso sentimento di solitudine e smarrimento simile a quello provato dagli orfani, ma poi l'antica e solenne ritualità del conclave, la fumata bianca, l'habemus Papam, infondono in loro un rassicurante tipo di conforto di cui non credevano aver più bisogno dai tempi in cui erano bambini.

E quando dal balcone appare, nei suoi paramenti gloriosi, il nuovo Papa, ecco, tutto è tornato al suo posto, il vuoto è colmato e non c'è alcuna soluzione di continuità con quello pianto fino al giorno prima, a cui nessuno pensa già più, coerentemente, perché quello che conta non è l'individuo, ma il sublime Ministero di cui quell'individuo è volontario servitore: impersonare il segno che Dio è su questa terra, in questo mondo, concreto e visibile, in mezzo alle genti, come il Buon Pastore in mezzo alle sue pecorelle.

E ogni volta che succede io non posso fare a meno di commuovermi, e di pensare che tanta parte del fascino del Cristianesimo sta in questo, e che questo è uno dei motivi principali per cui resiste con successo da oltre duemila anni. Maria Cristina Vecchiarelli

https://www.facebook.com/mariacristina.vecchiarelli/posts/pfbid0fFQFbJuH4JfguHth6KofGyCTDDbNnhMPhPMHuCp6F4v55MuJ9Fg3cuH5wasAWubql

lunedì 31 marzo 2025

un cuore assetato

Spesso in questo spazio ho affermato come la prova più lampante dell'esistenza di Dio sia il desiderio di felicità infinita presente nella nostra anima, che nessuna realtà terrena può saziare: sarebbe assurdo essere condannati a provare un bisogno talmente radicato di una tale pienezza se questa si rivelasse poi una pia illusione.

Immaginate la sorpresa che ho provato quando ho scoperto che addirittura Leopardi aveva espresso lo stesso concetto con parole più o meno simili:  "il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che siì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e vòto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana"; Pensiero LXVIII (Raccolta di pensieri).

Che dire: la vita non smette mai di soprenderci.