Ciascuno di noi si illude di essere "qualcuno" in qualcosa o, perlomeno, "qualcosa" per qualcuno, e depone il proprio cuore in simili surrogati della felicità.
Vorremmo eccellere allora in qualche capacità fisica, intellettuale o morale, o almeno in qualche abilità tecnica, artistica o sportiva, e tutto per richiamare l'attenzione su di noi; per trovare un po' di quell'affetto capace di riempire il vuoto che ci disorienta.
"Soffriamo tutti di 'mancanza di essere'; uno dei bisogni più profondi dell'uomo è il bisogno di identità: ho bisogno di sapere chi sono, ho bisogno di esistere ai miei propri occhi e agli occhi degli altri" (1).
Quanti ragazzi oggi cercano di costruire una propria identità a partire dalla suoneria del cellulare, dagli abiti che indossano o da altri beni di altrettanta futilità?
"Tutti nasciamo con una ferita profonda che viviamo come una mancanza, una mancanza di essere. A questa mancanza cercheremo di rimediare per compensazione: ogni essere umano cercherà così di costruirsi un'identità compensatoria, diversa dall'uno all'altro, a seconda della sua ferita. Ognuno si fabbricherà dunque un 'ego', diverso dal 'sé' vero, come un grosso pallone che si gonfia" (2).
Siamo tutti dei palloni gonfiati; basta una piccola puntura di spillo per andare in mille pezzi!
Ma allora qual è, in definitiva, l'unica cosa che resta e che meriti di essere conservata della nostra identità?
L'amore è ciò che resta quando, al di là dei nostri fallimenti, delle nostre divisioni, delle parole cui sopravviviamo, sale dal fondo della notte come un canto appena udibile, la certezza che al di là dei disastri delle nostre biografie, al di là della gioia, della pena, della nascita, della morte, esiste uno spazio che niente minaccia, che niente ha mai messo in pericolo e che non corre alcun rischio di venire distrutto, uno spazio intatto, quello della capacità di amare e di essere amati, su cui è stato fondato il nostro essere.
(1,2, Jacques Filippe, libertà interiore)
Per una donna la ricerca della propria identità è ancora più difficile. Sin dalla nascita siamo plasmate da una cultura che ci educa ad essere obbedienti e a non dire mai di no per non far soffrire chi ci circonda. Ma la cultura che provoca sofferenza non è cultura. Ragion per cui dobbiamo scendere nelle nostre profondità, per scorire chi realmente siamo e cosa vogliamo. Solo allora dopo aver esplorato il nostro mondo interno ed esserci rese conto di essere nate prigioniere,liberandoci dalle catene, forse solo allora potremo veramente dire Sono tornata a casa..Rosanna Guerrini
RispondiEliminagrazie Rosanna
RispondiEliminasiamo tutti un pò prigionieri di noi stessi:
"prigionieri col terrore di essere liberati" canta Niccolò Fabi!!!
A presto
Grazie della mail, complimenti a te per gli scritti. Ripasserò a leggere, Laura
RispondiEliminaGrazie per la visita e per il complimenti, tornerò a curiosare tra le tue riflessioni!
RispondiEliminaArrivederci,
Anna
grazie mille!e non smettere di scrivere!
RispondiEliminaGiulia
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RispondiEliminaMa che bello questo post!!!
RispondiEliminaSottoscrivo parola per parola.
Io credo che la nostra identità in fondo l'abbiamo dentro di noi fin da piccoli ma il mondo circostante ci fa credere che dobbiamo essere in un modo o nell'altro finchè ci perdiamo e prendiamo spesso strade che non ci appartengono...c'è chi vive un'intera vita così, magari scorgendo quale che sia la sua vera strada, il suo essere più vero e naturale, ma non ha il coraggio di crederci abbastanza per mettere in discussione il suo castello di carta che sta in piedi da troppo tempo...Io ritrovo ancora le sensazioni di quando ero bambina,ma avolte ho accettato una idea di identità che mi avevano convinto a credere giusta coloro che hanno interagito con me, ma questo non mi ha mai portato a niente.Ora che mi accorgo che le sensazioni che ho sempre sentito giuste per me si ripresentano come un'infinita serie di possibilità,le seguo, senza pensare alle critiche e ai commenti che sto seguendo la strada giusta e ogni tassello si compone davanti a me con facilità. Voglio dire che se impariamo VERAMENTE ad ascoltarci e accettiamo come un dono quello che siamo, anche se non corrisponde esattamente all'idea che ci siamo fatti nel corso della vita,allora tutto scorre facilmente,perchè quello è il mio essere e devo rispettarlo fino in fondo, nel rispetto di chi mi circonda chiaramente.A presto,Barbara
RispondiEliminaEro certa di aver già letto quel tuo nuovo post,ecco l'ho cercato ed ora mi trovo qui!
RispondiEliminaUn trionfo all'amore!
È così che l'ho interpretato...
In questi giorni ho incrociato altre persone e quasi tutte soffrono per un lutto, un genitore scomparso,una moglie...non nego il senso di impotenza che si prova in una condanna ad ascoltare senza poter far nulla ,far altro se non quello di immedesimarti nella loro sofferenza.... Che tra l'altro sembra davvero essere la via per la guarigione!
Mi sono anche ricordata di quel tuo post "l'espressione del viso "....e l'ho riletto...e mi sono rivista!
Ti abbraccio,ciao
sei la mia lettrice più fedele; in effetti qualche post più vecchio lo ripropongo, talvolta con qualche modifica!!!
EliminaL'espressione del viso è uno di quelli a cui sono più legato...
ti abbraccio anch'io
"Ma allora qual è, in definitiva, l'unica cosa che resta e che meriti di essere conservata della nostra identità?
RispondiEliminaL'amore è ciò che resta quando, al di là dei nostri fallimenti, delle nostre divisioni, delle parole cui sopravviviamo, sale dal fondo della notte come un canto appena udibile, la certezza che al di là dei disastri delle nostre biografie, al di là della gioia, della pena, della nascita, della morte, esiste uno spazio che niente minaccia, che niente ha mai messo in pericolo e che non corre alcun rischio di venire distrutto, uno spazio intatto, quello della capacità di amare e di essere amati, su cui è stato fondato il nostro essere."
Caro Luigi ...la tua luce non è sepolta ..a me è arrivata sempre molto forte!!
Conosci la provenienza di queste righe?
"Se ciascuno vuole ogni genere di beni materiali per sé e nella maggior quantità possibile, siccome questi beni sono limitati, essi non saranno mai sufficienti per tutti. E perciò quando gli uomini vivono, pensando ciascuno solo a se stesso, non possono fare a meno di portarsi via l’un l’altro questi beni, di lottare ed essere nemici tra loro: per questo la loro vita diviene infelice. La vita ci è stata data perché sia per noi un bene e noi questo ci attendiamo da lei. Ma perché sia così, dobbiamo capire che la vera vita non è nel corpo, ma in quello spirito che abita dentro il nostro corpo, dobbiamo capire che il nostro bene non consiste nei piaceri del corpo e nel fare ciò che chiede il corpo, ma nel fare ciò che esige quell’unico spirito, che abita in tutti noi.
Questo spirito vuole il suo proprio bene, cioè il bene dello spirito, e poiché questo spirito è il medesimo in tutti, esso vuole il bene di tutti gli uomini. Desiderare il bene degli altri, significa amarli. E nulla può impedirci di amare e più si ama, più la vita diviene libera e felice.
Di conseguenza gli uomini, per quanto facciano, non sono mai in grado di soddisfare i loro desideri materiali, perché ciò che serve al corpo non sempre è possibile procurarselo e per procurarselo bisogna lottare contro gli altri; al contrario, l’anima, che ha bisogno solo d’amore, può essere soddisfatta facilmente: per amare non dobbiamo lottare contro nessuno, anzi più amiamo, più andiamo d’accordo con gli altri.
Nulla poi ostacola l’amore e più uno ama, più diventa felice e allegro, non solo, ma rende felici e allegri anche gli altri. Ecco, cari fratelli, quello che volevo dirvi, prima di lasciare questa terra.
Al giorno d’oggi si sente dire da ogni parte che la nostra vita è amara e infelice perché mal organizzata, dobbiamo trasformare le strutture sociali e la nostra vita diverrà felice. Non credete assolutamente a ciò, cari fratelli !
Non illudetevi che l’una o l’altra struttura sociale migliorerà la nostra vita. Intanto, tutte queste persone, che si stanno impegnando per migliorare l’organizzazione della società, non sono d’accordo fra loro. Gli uni propongono un progetto come il più adatto, gli altri affermano che quello è pessimo e che solo il loro va bene, i terzi bocciano anche questo e ne propongono uno ancora migliore.
Poi, anche ammettendo che si trovasse l’organizzazione sociale ideale, come farla accettare da tutti, e come realizzarla, se la gente è piena di vizi ?
Per costruire una vita migliore, devono divenire migliori i singoli individui.
no, ma ti rispondo con queste: "In tempi prosperi, tranquilli e in ascesa, ci si può permettere il lusso di crogiolarsi in un malinconico pessimismo esistenziale… e diosolosa quanto questa sarebbe la mia condizione ideale! – ma in tempi incerti, in discesa e insicuri, il vero lusso è non lasciarsi intrappolare dal negativo e trovare motivi per un ottimismo realista che apra bene gli occhi su ciò che di buono esiste.
EliminaE questo lusso lo cerco e lo coltivo. Mi costa fatica, ma perseguo l’idea che la vita è bella. Sorrido e distolgo la mente dal nero diffuso: è un vero e proprio esercizio, che compio con ordine e diligenza; a volte non riesce, ma ricomincio.
Il nero esiste, non lo dimentico, però ho letto che è così non perché la luce non esiste, ma perché viene trattenuta e non raggiunge l’occhio… dunque ecco già una buona notizia: la luce esiste!
C’è chi dice che la civiltà occidentale stia per concludere la sua parabola: forse sì e quindi i tempi sono incerti e insicuri, siamo in discesa dunque; ma cerco di non rotolare a velocità elevata senza opporre resistenza…
È faticoso. Ma mi merito di non subire questo tramonto di civiltà piuttosto amaro. Mi merito di vedere tutto il bello e il bene e il buono che c’è. Mi merito di non essere sopraffatta dal rancore, dalla cattiveria, dal cinismo, dalla paura, dalla superficialità, dall’inutilità."
Buona festa dell'Assunta
Grazie!
RispondiEliminaHo riletto più volte questo scritto e non so quale sia la fonte...ma credo che comunque arrivi a bagnarci tutti, perché possiamo anche costringerci a non vedere ,a non aprire gli occhi ,per timore ,paura o incredulità ma ingannare i nostri sensi dal "sentire" l'effetto di quell'acqua che arriva a toccarci è qualcosa che noi decidiamo di non ascoltare...ascesa e discesa ...
L'ascesa è vivere la pienezza dell'amore..
La discesa è motivata da tutto quel che abbiamo apprezzato dall'amore nel sostenerci... per risalire !
"siamo in discesa dunque; ma cerco di non rotolare a velocità elevata senza opporre resistenza…"
Si perché la velocità nella caduta rischia di non farci aggrappare a nulla senza dare tempo di capire a cosa davvero potevano sostenerci...a cosa non abbiamo dato ascolto!
La risposta è sempre nell'Amore ...luce e fonte!