giovedì 20 aprile 2017

realtà nascoste

L'essere umano è un viandante che attraversa un giardino fiorito convinto di stare in mezzo a un deserto desolato.
Siamo circondati dalla grazia ma i nostri occhi sono incapaci di percepirla.
E questo è un grande problema.
La scrittura di questi giorni ci dice che persino davanti a Gesù risorto gli apostoli non erano in grado di riconoscerlo.
Finché siamo in questo mondo, ci ricorda S. Paolo, percepiamo la realtà come se fosse riprodotta da uno specchio e perciò in maniera riflessa; solo dopo saremo in grado di vedere "faccia a faccia".
La nostra incapacità di percepire la realtà così com'è ha un fondamento oggettivo, dunque:
esistono realtà invisibili, sconosciute ai nostri occhi, ma non per questo meno reali, che dobbiamo imparare a cogliere.
Accanto a noi sono presenti numerose creature spirituali che non vediamo mai, ma che esistono ed operano, e talvolta ne abbiamo avuto la prova tangibile.
Dal momento in cui ci alziamo dal letto la mattina a quello in cui ci addormentiamo alla sera, e persino durante il sonno, siamo inondati da grazie ordinarie delle quali nemmeno ci rendiamo conto.
La nostra cecità spirituale, tuttavia, dipende spesso anche da fattori soggettivi, ad esempio da una certa pigrizia intellettuale che ci fa disperdere troppe energie mentali su argomenti futili e vacui, piuttosto che verso realtà importanti ed essenziali che richiedono maggiore raccoglimento e riflessione.
Molta gente, infatti, dà per scontate molte realtà che invece richiederebbero una profonda attenzione da parte nostra.
Pensiamo soltanto alla realtà della creazione: diamo troppo per scontato il fatto di esistere e di stare al mondo, ma in realtà è una grazia straordinaria.
Non riflettiamo mai abbastanza sul fatto che prima eravamo nulla e adesso siamo creature capaci di meritare la felicità eterna.
Ci sfugge il valore inestimabile che segna il passaggio dal niente all'essere, e non ci rendiamo conto di quale tesoro preziosissimo sia la vita; anzi, talvolta ci lamentiamo persino di essere stati messi al mondo senza il nostro consenso.
Dobbiamo imparare, allora, a "contemplare" la realtà con occhi nuovi, consapevoli del fatto che da ciò dipende la felicità dell'intera esistenza, perché, come diceva qualcuno, la felicità del cielo è per coloro che saranno stati capaci di essere felici sulla terra.  

sabato 1 aprile 2017

cosa ci manca

Ogni mancanza rimanda a una pienezza.
Una mancanza presuppone sempre una presenza.
Non possiamo sentire il costante bisogno di qualcosa se l'oggetto dei nostri desideri più profondi non l'abbiamo mai visto ne conosciuto.
Se percepiamo che qualcosa di indispensabile ci manca è segno che almeno una volta nella vita abbiamo sperimentato quella pienezza, seppur solo per qualche attimo.
Ogni uomo sente dentro di sé un abissale desiderio di felicità piena e duratura che lo spinge a cercarla senza soste.
Allo stesso tempo percepiamo che ci manca sempre qualcosa per raggiungerla pienamente, anzi, avvertiamo che la nostra condizione umana è molto distante dalla meta desiderata.
Ma questo non ci consente di concludere che la felicità è un illusione, anzi, ci autorizza a credere proprio il contrario.
Perchè sarebbe ancora più assurdo avvertire un bisogno così radicato di qualcosa che non esiste.
Se sento che mi manca so già, solo per questo, che essa esiste.
La felicità può essere il fine del vivere solo perchè ne segna l'inizio.
Se, infatti, la felicità è proprio quella cosa essenziale che tutti desideriamo, dove la conoscemmo per volerla così?
Dove l'abbiamo vista per amarla?
Se infatti non la conoscessimo non l'ameremmo.
L'amore per la felicità, allora, non può essere il mero "prodotto" del desiderio, ma al contrario è ciò da cui il desiderio, riconoscendo o ricordando un'esperienza più grande di sé, comincia a sbocciare veramente.
Ripetiamo allora la domanda: dove l'abbiamo vista per amarla così tanto?
La risposta giusta, come sempre, ce la offre la Teologia non la filosofia.
E' Dio che crea le anime, e le crea a Sua immagine.
Per questo l'anima conserva la somiglianza con Dio, e ne serba il ricordo anche quando il peccato originale ne ferisce l'integrità e le fa perdere quella pienezza di felicità di cui godeva nel seno di Padre.
E' per lo stesso motivo che continuiamo a coltivare il sogno della felicità perduta e nutriamo la speranza, pienamente fondata, di riconquistarla un giorno, quando ritorneremo nel seno del Padre.