martedì 28 dicembre 2010

l'espressione del viso

L'incontro con una donna ha cambiato la mia vita.
La prima volta che la vidi fu all'interno di un santuario famoso per l'accesa devozione popolare che lo caratterizza.
All'improvviso un raggio di sole entrò dalla finestra ed illuminò il suo volto: mi accorsi allora di non averla mai guardata negli occhi e compresi il mistero del suo cuore.
Leggendo la sua storia appresi che il quadro che ne riproduceva l'immagine proveniva da un'edicola collocata ai bordi di una strada.
L'immagine raffigurata nel dipinto non presenta particolari pregi artistici, in quanto riproduce con colori semplici il viso della Madonna con il Bambino accanto, ma colpisce la mesta espressione del volto dominato da due grandi occhi che hanno l'effetto di penetrare l'animo di chi li guarda, lasciandovi un ricordo indelebile.
A guardarla distrattamente ci si fa l'idea di un'immagine persino brutta secondo i canoni estetici tradizionali: sembra quasi una delle tante scugnizze napoletane che si incontrano per le strade dei quartieri più popolari della città.
Se la si guarda attentamente, però, si scopre che senza ogni ragionevole dubbio l'espressione di quel viso non è di questo mondo.
Esso esprime chiaramente così delicati sentimenti che nessun artista sulla terra avrebbe potuto tratteggiarli con tale profondità, e ciò che esprime è malinconia mista a speranza, tristezza unita a misericordia.
Provate a mischiare insieme l'affetto di una madre per i propri figli, il dolore nel vederli allontanarsi e la speranza di poterli riabbracciare, ed avrete il quadro della Madonna dell'Arco.
Più la guardo e più mi convinco che l'espressione appena descritta quel viso l'ha assunta dopo il fatto che ne segnò l'improvvisa notorietà.

Il lunedì di Pasqua del 1450 celebrandosi, come di consuetudine ogni anno, una festicciola in onore della Beata Vergine Maria, gli abitanti della contrada assistettero ad un prodigio che richiamò su quell'immagine l'attenzione di tutti i fedeli delle terre circostanti. Presso l'edicola della Madonna alcuni ragazzi stavano giocando per strada ed il gioco consisteva nel colpire una palla di legno con un maglio; vinceva colui che faceva andare più lontano la propria sfera.
Tirò il suo colpo il primo giocatore, poi l'altro tirò il suo con più energia ed abilità, tanto da poter esser certo della vittoria se questo tiro non fosse stato fermato dal tronco di un albero di tiglio, che era sulla direzione e vicino all'edicola della sacra immagine. Indispettito e fuor di sé dalla collera, questi bestemmiò ripetute volte ....la Santa Vergine; poi, raccattata la palla dal suolo, al colmo dell'ira, la scagliò contro l'effige, colpendola alla guancia sinistra, che subito, quasi fosse stata di carne viva, rosseggiò e diede copioso sangue. Gli astanti che, attratti dal gioco, si erano fatti intorno ai due giocatori, rimasero paralizzati dallo stupore.
Ancora oggi si nota sulla guancia sinistra della Madonna una ferita che rende più livido quel lato del volto raffigurato nel dipinto.

Ogni volta che la guardo non posso fare a meno di provare compassione.
Brutto affare provare costantemente quel sentimento che ci conduce a metterci nei panni degli altri e sperimentare sulla propria pelle gioie e dolori altrui.
Ho cercato spesso di difendermi dalla compassione provando a nasconderla dietro allo scudo del cinismo che ci fa passare indifferenti davanti alla disperazione umana, ma non ci sono riuscito.
Quante volte mi sono soffermato a contemplare quell'umanità derelitta che abita ai margini della società, chiedendomi se interessa a qualcuno la vita di queste persone?
Ma io cosa posso fare? Mi sono chiesto più volte guardando queste anime sommerse dall'indifferenza del mondo. Non è mio compito risolvere i problemi sociali. Che ci pensino le associazioni di volontariato, i no profit, i no global, i no logo, i no…..no……no…..no…….no.
Si!
Qualcosa forse posso fare: fermarmi e lasciarmi toccare da quel dolore, senza questa maledetta paura di farsi coinvolgere troppo.
Qualcosa forse posso ancora fare: lasciare una parte di me su quei marciapiedi ed incidere una parte di loro dentro la mia anima.
Qualcosa forse posso fare: affidarli alla loro Madre piena di compassione e sperare; sperare che anche per loro ci possa essere una via d'uscita; sperare che anche per loro si possa ripetere un giorno l'eterno miracolo della resurrezione della vita………….
Allora anche una parte di me risorgerà.

venerdì 24 dicembre 2010

la stella più luminosa

nel silenzio di questa notte attendiamo la stella più luminosa...



grazie a Susanna per l'idea!!!!

martedì 21 dicembre 2010

l'innocenza salverà il mondo

Non la bellezza ma l’innocenza salverà il mondo. L’innocenza dei bambini che ci rigenera continuamente.
Abbiamo tanto bisogno dell’innocenza dei bambini per ritornare noi stessi i bambini che siamo stati. Abbiamo bisogno della loro purezza nella quale risplende ancora inalterata l’immagine di Dio. I bambini sono ciò che dovremmo essere tutti. La loro semplicità e lo stupore disegnato sul viso ad ogni scoperta sul mondo che li circonda ci nutrono di gioiosa meraviglia.
Si comprende bene allora perché il Nemico dell’uomo rivolge proprio contro di loro la maggior parte della sua furia omicida.
La sua tattica è rivolta anzitutto ad impedire che nascano; se proprio devono nascere, siano almeno oltraggiati da violenza e soprusi.
Bisogna riconoscere che è riuscito molto bene a mascherare il suo intento omicida con motivazioni persino plausibili per i più sprovveduti: la nascita di un bambino potrebbe turbare l’equilibrio psichico della donna, ci spiegano con acuta sensibilità, e non capiscono che se c’è qualcuno che potrebbe risollevare e ristabilire l’equilibrio psichico della donna questi è proprio il bambino.
A volte mi fermo a contemplare per diversi minuti gli occhi di queste creaturine, che spesso rivelano una innocenza mista a stupore davvero sconvolgente: sembra quasi che mi mettano a nudo, facendo apparire tutte le mie miserie di persona “adulta”, tutte le incongruenze di un mondo in cui non c’è posto per i più deboli.
Riflettevo in questi giorni sul mistero della nascita del Dio-Bambino e sono arrivato alla conclusione che Dio ha scelto di diventare bambino perchè gli uomini non avessero più paura di Lui; è come se avesse voluto dirci "avvicinatevi a me senza paura: mi metto indifeso nelle vostre mani
perchè ho fiducia in voi, e perciò anche voi dovete aver fiducia in voi
stessi ed in Me". Oggi, infatti, sembra che gli uomini abbiano paura di tutto: della vita, della morte, dell'amore e dell'amicizia, e Dio sembra dirci
"avvicinatevi a Me senza paura; prendeteMi in braccio e coccolateMi
perchè ho bisogno di voi".
Il mio augurio è che la nascita del Dio-bambino possa farci ritornare tutti un po più bambini e recuperare quello sguardo di stupore sul mondo che forse abbiamo perduto.
Buon Natale a tutti

mercoledì 8 dicembre 2010

la nostra identità

Ciascuno di noi si illude di essere "qualcuno" in qualcosa o, perlomeno, "qualcosa" per qualcuno, e depone il proprio cuore in simili surrogati della felicità.

Vorremmo eccellere allora in qualche capacità fisica, intellettuale o morale, o almeno in qualche abilità tecnica, artistica o sportiva, e tutto per richiamare l'attenzione su di noi; per trovare un po' di quell'affetto capace di riempire il vuoto che ci disorienta.

"Soffriamo tutti di 'mancanza di essere'; uno dei bisogni più profondi dell'uomo è il bisogno di identità: ho bisogno di sapere chi sono, ho bisogno di esistere ai miei propri occhi e agli occhi degli altri" (1).

Quanti ragazzi oggi cercano di costruire una propria identità a partire dalla suoneria del cellulare, dagli abiti che indossano o da altri beni di altrettanta futilità?

"Tutti nasciamo con una ferita profonda che viviamo come una mancanza, una mancanza di essere. A questa mancanza cercheremo di rimediare per compensazione: ogni essere umano cercherà così di costruirsi un'identità compensatoria, diversa dall'uno all'altro, a seconda della sua ferita. Ognuno si fabbricherà dunque un 'ego', diverso dal 'sé' vero, come un grosso pallone che si gonfia" (2).

Siamo tutti dei palloni gonfiati; basta una piccola puntura di spillo per andare in mille pezzi!

Ma allora qual è, in definitiva, l'unica cosa che resta e che meriti di essere conservata della nostra identità?
L'amore è ciò che resta quando, al di là dei nostri fallimenti, delle nostre divisioni, delle parole cui sopravviviamo, sale dal fondo della notte come un canto appena udibile, la certezza che al di là dei disastri delle nostre biografie, al di là della gioia, della pena, della nascita, della morte, esiste uno spazio che niente minaccia, che niente ha mai messo in pericolo e che non corre alcun rischio di venire distrutto, uno spazio intatto, quello della capacità di amare e di essere amati, su cui è stato fondato il nostro essere.

(1,2, Jacques Filippe, libertà interiore)

martedì 7 dicembre 2010

piccola serenata diurna

E se non basta ancora
ho le canzoni che a poco a poco
disfo e rifaccio abitando il tempo
come conviene ad un uomo attento

Sono felice, sono così felice
da chiedere perdono
per questo giorno della mia felicità

Sono felice, sono così felice
e chiedo che mi perdoni
chi ha pagato per la mia felicità

venerdì 26 novembre 2010

l'Amore non è amato

la mia luce sepolta

Ma cosa amo, quando amo Te?
Non la grazia di un corpo,
non il fascino del mondo,
non la candida luce amica di questi occhi,
non la carezza melodiosa dei canti,
non il profumo dei fiori o di balsami e aromi,
non la manna e il miele degli abbracci e dei desideri dei sensi.
Non è questo che amo, quando amo Te.
Eppure amo una sorta di luce,
una sorta di voce e di profumo e di cibo e una sorta di abbraccio, quando amo Te
dove ogni cosa splende e risuona e profuma per l'anima,
e da lei sola si fa assaporare e stringere.
Dove c'è luce sepolta nello spazio e musica non rapita dal tempo
e profumo che il vento non disperde e sapore che non finisce
e un abbraccio che la sazietà non scioglie.
Questo è quello che amo, quando amo Te.

Agostino, Confessioni