sabato 15 dicembre 2012

o magnum mysterium

Perché le mie tre virtù, dice Dio
Le tre virtù mie creature
Mie figlie, mie fanciulle
Sono anche loro come le altre mie creature
Della razza degli uomini
La Fede è una Sposa fedele
La Carità è una Madre
Una madre ardente, ricca di cuore
O una sorella maggiore che è come una madre
La Speranza è una bambina insignificante
Che è venuta al mondo il giorno di Natale dell'anno scorso
Che gioca ancora con il babbo Gennaio
Con i suoi piccoli abeti in legno coperti di brina dipinta
E con il suo bue e il suo asino in legno dipinti
E con la sua mangiatoia piena di paglia che le bestie non mangiano
Perché sono di legno
Ma è proprio questa bambina che attraverserà i mondi
Questa bambina insignificante
Lei sola, portando gli altri attraverserà i mondi passati
Come la stella ha guidato i tre re dal più remoto Oriente
Verso la culla di mio figlio
Come una fiamma tremante
Lei sola guiderà le Virtù e i Mondi
e squarcerà le tenebre eterne.

Charles Péguy  



giovedì 6 dicembre 2012

ri(morsi)

Mia nonna, nata nel 1898, mi raccontava che suo fratello quattordicenne aveva passato tutta la giovinezza in carcere per aver “giustiziato” il guappo del paese, reo di aver schiaffeggiato pubblicamente suo padre. Concludeva il racconto aggiungendo anche che i gendarmi, pur non potendo esimersi dall’arrestare il ragazzo, ci tennero a fargli sapere che aveva liberato un paese intero dal giogo del prepotente di turno. Nonostante il mio paese avesse sempre “vantato” tradizioni di un certo rilievo in materia di uomini dal grilletto facile, quello che era accaduto negli ultimi tempi non aveva precedenti.
Nel giro di pochi mesi erano stati ammazzati cinque ragazzi poco più che ventenni; alcuni di loro erano stati miei compagni di scuola. Vittime della lotta tra i clan scatenatasi per l’accaparramento dei fondi stanziati dallo Stato per fronteggiare l’emergenza del dopo-terremoto, erano caduti in agguati tesi per strada alla luce del giorno. Il miraggio di ingenti guadagni “facili”, per quanto possa considerarsi facile guadagnare soldi controllando il mercato della droga o regolare conti a suon di piombo, li aveva irretiti.
In un paese di circa diecimila abitanti è chiaro che sapevamo tutti in quali “giri” erano finiti i ragazzi; vederli giacere per terra senza vita era però tutt’altro discorso. Quanto valeva all’epoca una vita umana? Pressappoco cinquecentomila vecchie lire, e sembrava quasi che tutta la cittadinanza assistesse indifferente alla strage. Peraltro, tutti sapevamo che all’appuntamento con la morte mancava una sesta persona, finora scampata alla mattanza, e tuttavia nessuno apriva bocca.
Mi posi anch’io il problema di cosa fare.
Non ero mai andato d’accordo con lui, avevamo spesso fatto a botte da ragazzi e, nonostante fosse più grande di me di un paio d’anni, non gliel’avevo mai data vinta. Più di una volta, infatti, aveva fatto irruzione nei nostri giochi da ragazzi con atti di prepotenza che mettevano fine al nostro divertimento. Mentre tutti i miei coetanei subivano passivamente i soprusi, io non riuscivo a controllarmi e sovente reagivo. In questi casi utilizzavo la tecnica del “colpisci e scappa” e siccome ero molto veloce, anche perché la paura mi metteva le ali ai piedi, non mi ha mai preso. Adesso, però, dovevo mettere da parte i vecchi rancori e farmi avanti; dovevo avvertirlo che aveva i giorni contati, che stavano per ammazzarlo. Ma possibile che non ne fosse anche lui consapevole? E allora perché continuava a frequentare gli stessi ritrovi abituali come se niente avesse da temere? E poi perché dovevo essere proprio io a dirglielo? In nome di quale vecchia amicizia? Possibile che non l’avesse avvertito già qualcun altro?
In paese si diceva che lui stesso aveva ammazzato a sua volta diversi “colleghi” di lavoro antagonisti e la domanda che non potevo fare a meno di pormi era: meritava poi veramente di vivere uno così? Ma quale uomo può dire in coscienza di meritare di vivere? Mentre mi ponevo tali interrogativi il destino regolò i suoi conti in maniera inesorabile e senza attendere le mie risposte.
Avrei potuto evitarlo? Forse no, ma avrei potuto e dovuto almeno provarci!
Per far tacere la mia coscienza nei mesi che seguirono decisi di scrivere un volantino che avrei distribuito alla cittadinanza allo scopo di scuotere i cuori di tutti dall’indifferenza che li rendeva gelidi.
La responsabilità di quello che era accaduto è di tutti noi, scrissi, poiché se la cultura di morte ha trovato spazio nelle nostre case è perché non siamo stati capaci di seminare e far crescere quella cultura della vita che avevamo il dovere di trasmettere. Solo investendo risorse ed idee sull’educazione dei ragazzi si sarebbe potuta arginare quella spirale di violenza che aveva sconvolto la quiete cittadina.
Mi sembrava ancora troppo poco ma era tutto quello che ero riuscito a fare.
Anche oggi, guardando gli omicidi che, purtroppo con frequenza quasi quotidiana, insanguinano le strade di Napoli, sono convinto che né l’esercito, né particolari strumenti di repressione del fenomeno, per quanto straordinari, possano risolvere il problema.
La battaglia o si riesce a vincere sul piano educativo o non si vincerà mai.