mercoledì 19 maggio 2021

l'incanto di un prato fiorito

In questi giorni di maggio devo confessare che trascorro molto tempo a guardare i fiori che sbocciano: ce ne sono alcuni davanti ai quali rimango incantato; si tratta spesso di fiori selvatici, che crescono ai bordi delle strade e che mi sorprendono per la loro perfezione.

Ogni volta che mi capita questo fenomeno, allora, mi viene in mente il titolo di un libro di poesie che comprai qualche anno fa: L'incanto di un prato fiorito di Emily Dickinson.

Il destino ha voluto che questa poetessa lasciasse questo mondo proprio a maggio, in un giorno radioso del 1886

"poiché non potevo fermarmi per la morte, Lei gentilmente si fermò per me - la Carrozza non portava che Noi Due - E l'Immortalità".

Molto singolare anche il racconto della sua vita, dal momento che, già a 25 anni, dopo un viaggio a Philadelphia, Emily decise di chiudere con il mondo, convinta che soltanto la contemplazione della natura nella solitudine potessero renderla felice.

Si rinchiuse nella sua camera al piano superiore, anche a causa di disturbi nervosi ed una malattia agli occhi, e non ne uscì neanche il giorno in cui morirono i suoi genitori.

Quando Emily morì, la sorella scoprì in camera sua 1775 poesie scritte su foglietti ripiegati e cuciti con ago e filo, tutti in un raccoglitore.

Considerata troppo moderna per il gusto poetico dell'America di fine ottocento, non ricevette alcun riconoscimento se non molti decenni dopo, quando la sua fama si diffuse in tutto il mondo, tanto da essere considerata una delle più grandi poetesse dell'epoca contemporanea.

"Chi è amato non conosce morte, perché l'amore è immortalità, è sostanza divina. Chi ama non conosce morte, perché l'amore fa rinascere la vita nella divinità".

"Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci e se siamo fedeli al nostro compito arriva al cielo la nostra statura. L'eroismo che allora recitiamo sarebbe quotidiano se noi stessi non c'incurvassimo di cubiti per paura di essere dei Re".