sabato 20 dicembre 2014

Rigogli di speranza

La mangiatoia è simbolo della povertà di tutti i tempi …
… però è anche il simbolo del nostro rifiuto.
Nella messa di Natale ascolteremo quella frase terribile, che è l’epigrafe della nostra non accoglienza: “E’ venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
La greppia di Betlem interpella, in ultima analisi, la nostra libertà.
Gesù non compie mai violazioni di domicilio: bussa e chiede ospitalità in punta di piedi. Possiamo chiudergli la porta in faccia.
Se però gli apriremo con cordialità la nostra casa e non rifiuteremo la sua inquietante presenza, ha da offrirci qualcosa di straordinario: il senso della vita, il gusto dell’essenziale, il sapore delle cose semplici, la gioia del servizio, lo stupore della vera libertà, la voglia dell’impegno.
Lui solo può restituire al nostro cuore, indurito dalle amarezze e dalle delusioni, rigogli di speranza.
(don Tonino Bello)


     

mercoledì 10 dicembre 2014

S.O.S.

Sono consapevole che dopo questo post perderò l'amicizia di molte persone che mi stimavano (bontà loro) ed apprezzavano le cose che scrivevo: sin da adesso chiedo loro umilmente scusa se ho mostrato di me una faccia che non corrispondeva a quella reale.
Cercate di capirmi: ho tenuto dentro troppo a lungo questa pena e non ho mai avuto il coraggio di confessarla pubblicamente.
Adesso è venuto il momento di farlo: non ce la faccio più a sopportare questo strazio e sento dentro di me il bisogno ineludibile di manifestare al mondo il mio grido d'aiuto.
Si possono sopportare molti dolori nella vita senza far trasparire mai all'esterno la sofferenza che si prova quotidianamente di fronte ad ingiustizie come questa: si arriva poi ad un punto in cui, come un vulcano non riesce più a trattenere il fiume di lava che lo gonfia, così l'essere umano non riesce più a contenere il grido d'angoscia che lacera l'anima.
Ma adesso basta: non ne posso veramente più!!!
Tutto è cominciato nel momento in cui ho lasciato la mia terra natia per stabilirmi nella pianura Padana.
"Le abbiamo preparato del riso al limone, nella speranza di farle cosa gradita"; "Vi ringrazio molto per la premura" dicevo a queste brave persone, ma dentro di me mi struggevo pensando che a Napoli il riso lo danno solo per curare eventuali indisposizioni di stomaco.
"Pensando che sarebbe stato nostro ospite ho cucinato la pasta con la beciamella, le piace vero?"; "senz'altro, signora" replicavo a denti stretti, pensando però come sarebbe stato meglio evitare di perdere mezza giornata a preparare intrugli di panna e burro, quando in dieci minuti si potavano cucinare due spaghetti col pomodoro fresco, con soddisfazione da parte di tutti.
"Oggi abbiamo cucinato la pasta al pesto, assaggi quanto è buona"; "oh, è veramente deliziosa", aggiungevo, cercando di dissimulare la mia ennesima delusione.
Con il passare degli anni, però, queste continue privazioni hanno cominciato ad influire sulla mia salute.
"Che faccia bianca che ha stamattina, è indisposto per caso?"; "no" replicavo, "ho soltanto dormito poco", ben consapevole che con una bella caccavella (pentola) di sugo al pomodoro, con i maccheroni che galleggiano sopra, la mia faccia avrebbe presto ripreso il colorito abituale.
Ma niente, nessuno più al nord cucina la pasta al pomodoro, ed io non ne posso più di pesto, polenta, riso e beciamella: mi stanno uccidendo!!!
E' per questo che lancio il mio grido d'angoscia: aiutatemi, non so quanti giorni ancora riuscirò a sopravvivere!!!
Faccio appello alla vostra pietà di esseri umani: venite a soccorrermi!!!
Chiamate telefono azzurro; lanciate un ponte umanitario attraverso cui trasportare in Padania un camion pieno di buatte (conserva di pomodoro in barattolo) che mi possa salvare!!!
Non è necessario che siano pomodori di San Marzano o di Gragniano, mi accontento anche di quelli provenienti dalle terre dei fuochi: meglio morire avvelenati dopo una scarpetta come Dio comanda che schiattare soffocato dai risi e bisi!!!


lunedì 1 dicembre 2014

l'ipocrisia che allontana l'ideale dal reale

Perdonate la vena polemica che in me ha preso decisamente il sopravvento in questo periodo; prometto che nei prossimi giorni cercherò di essere più buono, così mi preparo anche meglio alla nascita del Dio Bambino.
Cosa mi è andato di traverso questa volta?
La supponenza di un certo pseudo - teologo che da qualche anno va per la maggiore: viene invitato regolarmente in TV; pubblica libri di successo e tiene conferenze in tutta Italia.
Diffidate delle persone che vanno spesso in TV, pubblicano continuamente libri di successo e tengono sempre conferenze da tutto esaurito: vuol dire che hanno fatto di tutto per allinearsi alla mentalità contemporanea.
Ma qual'è, di grazia, il pensiero dominante di questo pseudo-teologo, ex prete (oggi sposato con due figli), che dice di se stesso di essere il fautore della teologia del terzo millennio?
Quello che dice è molto semplice: la sua idea madre consiste nell'affermare che se l'uomo contemporaneo non riesce più a vivere certe esigenze morali (specialmente di carattere sessuale), è segno che quelle esigenze sono inadeguate, e perciò "non funzionano".
In altre parole, tutti i principi che regolano la morale sessuale tradizionale (specie se cattolica) sarebbero un insieme di "cocci rotti".
Passatemi la banalità ma è come se io dicessi che siccome la matematica non è mai riuscita ad entrare nella mia testa (e a quanto pare nella testa di sempre un maggiore numero di persone) ne consegue che la matematica non funziona: in altre parole, il problema non sono io ma è la matematica!!!
Questa idea - madre ovviamente conduce a tutta una serie di affermazioni tanto care alla mentalità contemporanea, che vanno dalla liceità dei rapporti prematrimoniali, alla legittimità dell'aborto; dall'assurdità del celibato dei preti (figuriamoci quello dei laici), all'ormai anacronistica fedeltà coniugale; ecc. ecc..
E' come dire che se io sposato non riesco più ad essere fedele a mia moglie, o io prete non riesco più ad essere fedele a Dio, questo dimostra che la fedeltà coniugale è un ideale impossibile ed è altrettanto impossibile quello del celibato per il regno dei cieli.
Siccome non ci sono riuscito io, allora non potrà riuscirci nessun altro: ecco, allora, che comincio a convincermi che non sono io che sono inadeguato, ma è l'ideale che mi ero proposto ad essere irraggiungibile!!!
Questo modo di ragionare, purtroppo sempre più diffuso, rivela un difetto di fondo che ha generato le più nefaste ideologie che la storia abbia mai conosciuto: tale difetto consiste nel convincersi che tutti i problemi della vita sono sempre fuori di me, mai dentro, e perciò la responsabilità dei miei errori è sempre di qualcun altro: delle strutture sociali, delle istituzioni religiose, dei condizionamenti familiari, ecc..
Se, pertanto, io non riesco più ad incarnare quell'ideale di uomo che hanno cercato di incarnare i miei genitori, ed i miei nonni prima di loro, è segno che quell'ideale non ha mai avuto alcun fondamento, perchè la realtà mi dimostra che io non sarò mai in grado di raggiungerlo.
Ma è realmente così, o si tratta soltanto di un espediente per mettere a tacere la propria coscienza ormai indurita sotto il peso della mia ipocrisia?
Se c'è una cosa che ho imparato dalla vita è che il nemico è sempre dentro di noi, quasi mai fuori, e che soltanto se cominciamo a combatterlo sul serio saremo capaci di riconquistare quella dignità perduta che corrisponde all'ideale di uomo che ho ereditato dalla mia tradizione culturale e familiare, ed alla quale per niente al mondo vorrei rinunciare.